martedì 2 marzo 2010

Da Orwell a Santoro, passando per Berlusconi


Non amo le cosiddette trasmissioni televisive di approfondimento politico. Non mi piacciono le risse da bar dello sport, né la politica dei genuflessi al potere, per cui non sentirò la mancanza dei vari porta a porta, ballarò, anno zero, bloccati dal solerte consiglio di amministrazione della Rai, in ossequio al regolamento emanato dalla commissione di vigilanza.

Ma questo non mi impedisce di fare alcune riflessioni sullo stato della democrazia nel nostro Paese, grazie a questo governo ed al partito di maggioranza che si autodefinisce “delle libertà”.

Si tratta, ancora una volta, di una riedizione del famigerato editto bulgaro, che costò l'ostracismo a Santoro, Biagi e Luttazzi.

Non c'entra niente la par condicio, ciò che conta è la volontà di mettere il bavaglio a possibili voci dissonanti e, soprattutto, la voglia di giocare sporco anche questa partita.

Non è un caso, infatti, e non potrebbe essere diversamente, che il regolamento possa essere applicato solo al servizio pubblico. Sky e Mediaset ne sono esenti, ma è evidente l'enorme sproporzione di accessi tra la tv del cavaliere e quella satellitare.

Ancora una volta il conflitto di interessi irrisolto ci sbatte in faccia questa mostruosa anomalia italiana. Il presidente del Consiglio proprietario della maggiore emittente privata e controllore di quella pubblica.

Non vi è significativa alternanza, rispetto al potere. Non esistono, in pratica, voci anche solo possibilmente critiche rispetto al potere dominante, si va verso elezioni truccate, condotte con una campagna elettorale impari e scorretta.

Bene fanno i sindacati dei giornalisti a denunciare questo gravissimo ed ennesimo attacco alla libertà di stampa, parallelo a quello alla magistratura che non vuole piegarsi ai potenti.

Già Orwell, nel suo 1984, aveva disegnato un paese dominato da una sola voce che dipingeva la realtà in base alla necessità dei potenti e non era un bel disegno.

Esiste solo una parola per descrivere la situazione in cui si trova il nostro paese, e non è delle più facili da scrivere: dittatura.


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1 commento:

Fulvio Sguerso ha detto...

Da tempo, caro Marino, si parla di "populismo mediatico" per definire il regime "di fatto" in cui ci troviamo, consenzienti o meno, teleutenti che siamo o non siamo. Altrimenti come spiegare l'ossessione per i programmi "critici" di Santoro e Floris (a quando l'oscuramento di "Che tempo che fa"?)e l'ipersensibilità circa le presenze o le assenze di Lupi o Gasparri piuttosto che di Bondi o Cicchitto? Che differenza fa la loro presenza o assenza? Possibile che se non ci fosse un Ghedini a dare sulla voce a Travaglio, le cose si metterebbero male per il Cavaliere? Ma non sono anni ormai che Travaglio mette a nudo le "connivenze" pregresse e le manovre attuali del Cavaliere per sottrarsi alla giustizia? Siamo sicuri che l'italiano medio sia sensibile al rispetto che un rappresentante delle istituzione è tenuto (?) a osservare nei confronti delle istituzioni medesime? Siamo sicuri che l'italiano medio abbia a cuore le istituzioni repubblicane e democratiche delineate dai padri costituenti? Certo lo spettacolo delle Camere semideserte anche in occasione di discussioni importanti non depone a favore dei "rappresentanti del popolo sovrano" (lasciamo stare lo scandalo degli emolumenti e dei privilegi incongrui e offensivi nei confronti dei comuni cittadini, soprattutto in periodi di crisi come l'attuale). Certo che i padri costituenti non immaginavano che il Parlamento sarebbe diventato il refugium peccatorum di tanti inquisiti e il luogo in cui sarebbero state approvate leggi ad personam, e in cui sarebbe stata resa possibile la coincidenza tra interessi pubblici e interessi privati, secondo la più bieca logica lobbistica. Altro che palamentari "senza vincolo di mandato"! Ah, Francesco Guicciardini, come vedevi lontano!

Un saluto da Fulvio Sguerso