mercoledì 31 dicembre 2008

Forse sarò scontato…

Forse sarò scontato, ma a me la decisione del Vaticano di non recepire più le leggi italiane nel suo ordinamento in maniera praticamente automatica, piace.

Piace perché chiarisce che il Vaticano è uno stato autonomo, indipendente da quello italiano, con una sua legislazione originale, con suoi ideali, con una sua morale e non è disponibile ad importare questi fondamentali aspetti della vita pubblica dall'esterno.

E' una lezione di indipendenza e di "laicità" di cui l'Italia aveva bisogno.

E' finalmente chiaro che anche da noi, da oggi, si potrà legiferare senza tener conto della cosiddetta morale cattolica, ma solo in favore degli interessi dei cittadini italiani.

Da oggi i vari "teodem" e "teocon" che agitano la vita politica italiana in entrambi gli schieramenti non potranno più pretendere che il Parlamento italiano si pieghi alla "morale cattolica", visto che non esiste più una reciprocità su questi temi.

Finalmente i diritti dei cittadini potranno essere pienamente tutelati, da quelli degli omosessuali a quelli delle coppie di fatto; dalla fecondazione assistita alla tutela della donna in ogni aspetto e funzione della sua vita, compresa quella riproduttiva;

finalmente la scuola pubblica non sarà umiliata nei confronti di quelle confessionali, che vedono immutati i contributi ed i finanziamenti;

finalmente l'insegnamento della religione cattolica nella scuola non sarà più sostanzialmente obbligatorio;

finalmente si potrà decidere autonomamente come porre fine alle proprie sofferenze o a quelle dei propri cari, quando non vi sia più alcuna speranza di guarigione;

finalmente i telegiornali di regime non saranno pieni di stucchevoli dichiarazioni del pontefice di turno che non dice nulla di quello che potrebbe urtare i potenti del mondo.

Finalmente i credenti potranno professare liberamente la loro fede, senza che questo diventi uno schierarsi politicamente e viverla in libertà, qualunque essa sia, e seguirne con convinzione e responsabilità i precetti, senza pretendere di imporli agli altri.

Sarebbe bello, ma domani mi sveglierò e scoprirò che il Vaticano è più indipendente, laico e moderno della nostra povera, stanca, vecchia Italia.

lunedì 29 dicembre 2008

Buon Anno!

Un anno sta per finire, tra un botto illegale ed una battuta di re Silvio IV, tra un abbraccio affettuoso ed i morti palestinesi, tra un brindisi ed un morto sul lavoro, tra un superenalotto milionario e la crisi economica, tra un presidente eletto che dà al mondo nuove speranze ed un papa che non da speranza a chi rivendica il suo diritto di essere omosessuale.

L'augurio di un anno nuovo senza contraddizioni, di pace, di serenità è certamente velleitario, ma agli auguri, come ai sogni, non si chiede di essere realistici, ma solo piacevoli.

Auguri a tutti voi. Con la speranza che il prossimo anno ci faccia dimenticare le cose brutte di quello che sta passando, ma ci mantenga vividi i ricordi di quelle belle, dalla vittoria di Barak Obama, alla liberazione di Ingrid Betancourt.

BUON ANNO A TUTTI


 


giovedì 18 dicembre 2008

Tutto il resto è noia

Non so se esista ancora qualcuno, in Italia, convinto della "diversità etica" della sinistra, tanto cara ad Enrico Berlinguer.

Spero di no, la delusione che dovrebbe vivere in queste ore sarebbe davvero insopportabile e tale da mettere in discussione le convinzioni e le militanze politiche.

Così, almeno, mi sono sentito io quando la magistratura tolse il coperchio a quel vaso di pandora, passato alla storia del nostro paese come tangentopoli.

Da oscuro ed onesto militante socialista, da un giorno all'altro mi sono trovato bollato col marchio, immeritato, dell'infamia.

In effetti sono convinto del fatto che la politica, con gli affari che muove, non possa che attrarre chi intende approfittare del potere collegato anche a cariche marginali, o tentare i più moralmente deboli in base alla comoda scorciatoia del "così fan tutti".

Non è la politica ad essere malata, né il sistema dei partiti. E' il criterio di selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature che non funziona, è la sottovalutazione dei principi e dell'etica a creare il brodo di coltura per i disonesti.

Non voglio gettare la croce addosso al PD per le disavventure giudiziarie che lo stanno travolgendo, da Genova a Napoli, passando per l'Abruzzo ed il petrolio di Pescara. Né concordo con Di Pietro e la sua annunciata uscita da tutte le giunte campane. Mi sembra una forma di giustizialismo eccessiva, che rischia di dare fiato al più becero qualunquismo, che, come nel passato, condanna tutti, onesti e disonesti, come facenti parte di un unico grande disegno criminoso.

Certo le cose che vengono fuori, se verranno confermate, sono tali da far tremare i polsi degli onesti, ed è evidente che è vitale per il PD dimostrarsi estraneo a questi avvenimenti.

Non sono in grado di prevedere come Veltroni uscirà da questa imbarazzane situazione, ne come si concluderà la direzione nazionale del suo partito, ma credo di sapere come potrebbe essere possibile uscire e ridare fiducia alla gente di sinistra: riscoprendo la Politica, quella con la P maiuscola.

Spiegando alla gente che alcune mele marce, per quanto numerose e per quanto odioso sia il loro comportamento, non inficiano il ruolo del partito, che vede la sua ragion d'essere nella propria politica. Ma questo è il punto dolente: sarà capace il PD di riscoprire il ruolo di un partito che vuole essere rappresentante del popolo della sinistra? Dove sono le grandi battaglie per la difesa dei diritti civili, dove sono le proposte forti e condivise a favore dei redditi più bassi, dove la battaglie a difesa dei diritti delle donne, come si ritiene di uscire dalla crisi mondiale "da sinistra"? Queste sono le risposte che la gente di sinistra si attende da un partito che intende rappresentarla.

Tutto il resto… è noia.

sabato 13 dicembre 2008

Errare è umano, perseverare…

Non parteciperò alle primarie del PD di domani per indicare il candidato presidente della Provincia.

Non parteciperò per diverse ragioni, anche se le primarie sono aperte a tutti e riguardano un tema di interesse generale, al di là dell'appartenenza politica.

Innanzitutto mi sembra inopportuno che un partito facente parte di una coalizione nell'ultima legislatura, finita non per esaurimento della spinta comune, ma per il venir meno in tutti della fiducia nei confronti del Presidente, decida autonomamente di individuare un candidato e pretenda di imporlo con la famigerata formula del "prendere o lasciare".

L'obbiettivo è evidente: presentarsi agli ex alleati con un nome, senza possibilità di mediazione, forte della cosiddetta "investitura popolare".

Ben diverso sarebbero state delle primarie di coalizione, con nomi di estrazione diversa, con un confronto anche su programmi diversi da proporre alla popolazione della nostra provincia.

Non primarie di programma, come chiede Rifondazione comunista, che mi sembrerebbero di difficilissima, se non impossibile attuazione, ma su candidati portatori di programmi diversi. Sviluppo, rifiuti, ambiente, formazione sono tutti temi su cui un confronto tra posizioni diverse sarebbe stato possibile, ma forse, voglio essere malizioso, è proprio questo che si è voluto evitare.

Un altro motivo sta nel fatto che così si andrà al confronto elettorale, è addirittura ovvio prevedere che gli altri partiti della sinistra non accetteranno l'imposizione del nome, con il centrosinistra diviso su più candidati, salvo apparentamenti nel secondo turno. Ma si sa che così la concorrenza sarà interna al centrosinistra, per redistribuire i voti all'interno dello schieramento, e la campagna elettorale perderà efficacia nel confronto col centrodestra che, se si presenterà unito, ha anche la possibilità di vincere al primo turno.

Stiamo ancora pagando i prezzi della pretesa autosufficienza del PD, che si è dimostrata sbagliata e pericolosa. Non solo perché ha consegnato il Paese ad una destra becera, per certi versi antidemocratica, incapace di aggredire i nodi veri della crisi economica, ma anche perché ha lasciato tutta la sinistra che legittimamente non si riconosce del caravanserraglio del PD, senza rappresentanza parlamentare. La diversa legge elettorale non provocherà la stessa conseguenza, ma quella di facilitare i nipotini di Scajola certamente sì.

Last, but non least, la composizione delle candidature, la loro provenienza ed estrazione, la loro storia, mi paiono più orientate ad un redde rationem tutto interno al PD, piuttosto che rappresentare una necessaria apertura di un partito in formazione verso l'esterno.

Insomma, un tentativo maldestro di rilanciare un'immagine tra la gente stanca delle dispute interne, dell'opposizione appannata e grigia a livello nazionale, delle inchieste giudiziarie che, anche vicino alla nostra provincia stanno colpendo il PD e che, anziché raggiungere l'obbiettivo di aumentarne i consensi, rischia soltanto di ribadire l'errore, già commesso con le politiche, di ritenersi autosufficienti e di consegnare il nostro territorio al centrodestra.

giovedì 11 dicembre 2008

Chiacchiere e distintivo

Tutti i governi del mondo sono impegnati in questi giorni ad assumere provvedimenti concreti nel tentativo di far fronte alla crisi economica che sta per abbattersi su tutto l'Occidente. Le previsioni non sono per nulla tranquillizzanti con ricadute allarmanti sui livelli occupazionali di molti settori a rischio, a cominciare da quello dell'auto, che ha visto il presidente eletto Obama proporre al congresso USA un piano di prestiti pubblici di 14 miliardi di dollari ai tre colossi automobilistici americani. Anche i governi europei stanno muovendosi nelle stesse direzioni.

Tutti, tranne uno: quello italiano.

Il governo Berlusconi, impegnato in queste ore nel ben più pressante problema della riforma della giustizia, si limita ad affermazioni vaghe e spesso contraddittorie.

Non basta appellarsi all'ottimismo, neanche fosse uno spot di Tonino Guerra, per superare la crisi economica. Ed è drammatico che, negli stessi giorni in cui la Telecom annuncia esuberi per 6-9000 dipendenti, e la Fiat la cassa integrazione per tutti i propri stabilimenti, per un mese, il nostro premier affermi che il modo migliore per superare la crisi è quello di consumare. Una specie di paese di Bengodi, dove le cose vanno meglio che altrove nel mondo dimenticando forse che, grazie alla politica economica del suo governo, il pil sta diminuendo in maniera drammatica e, già a fine settembre, quindi prima che la crisi finanziaria esplodesse, il nostro Paese era già in recessione.

Anche i piani di salvataggio tanto sbandierati non sono altro che spot elettoral-pubblicitari: nessuna cifra chiara, nessuno stanziamento, nessun provvedimento serio di rilancio dei consumi e della produzione che è in calo drammatico. L'unico provvedimento reale è stato quello della social-card, su cui è meglio stendere un velo pietoso per la sua farraginosità ed il suo scarso impatto sulla ricchezza complessiva del paese e dei singoli destinatari.

Chissà perché mi viene in mente, quando sento Berlusconi parlare, Robert De Niro ne Gli Intoccabili, quando si rivolge a Kevin Costner con la battuta ormai entrata nella storia del cinema "Sei solo chiacchiere e distintivo". Si, solo chiacchiere quelle di questo governo, che hanno il solo scopo di indorare il carattere distintivo di una compagine che vive solo per risolvere i problemi di giustizia del suo leader ed è incapace di affrontare i problemi veri del nostro Paese.

Peccato che questo non sia un film e la crisi che l'Italia, come il resto del mondo, sta per attraversare rischi di sconvolgere la vita di migliaia di persone vere, con le loro famiglie, i loro problemi, i loro mutui da pagare, i debiti da saldare e che, ahimè, non hanno i soldi necessari per accontentare il primo ministro spendendo e spandendo come la cicala delle favole.

lunedì 8 dicembre 2008

Morti bianche e mani rosse

Si è svolta a Torino nei giorni scorsi la manifestazione per commemorare, ad un anno di distanza, i sei morti della Thyssen. Alla manifestazione hanno partecipato tutti quelli che dovevano partecipare: i colleghi delle vittime, i loro parenti, le organizzazioni sindacali, la gente comune di Torino e non solo. Non si sono visti esponenti del Governo e della Confindustria, e credo che sia stato giusto così: è un elemento di chiarezza.

Al di là delle parole, degli impegni, delle promesse, nulla è stato fatto, da chi doveva farlo, per aumentare la sicurezza sui luoghi di lavoro, visto che, ai sei della Thyssen, nel corso dell'anno, si sono aggiunte altre mille vittime del lavoro. Siamo in presenza di una strage che, poiché si consuma un po' per volta, silenziosamente, non attira su di sé l'interesse e l'impegno vero e concreto dei governanti e degli industriali. E non si venga a dire che occorrono misure più severe o leggi speciali: le leggi esistono già, sarebbe sufficiente farle rispettare.

Ed è originale che si cerchi di scaricare sulle vittime le responsabilità di questo massacro. E' ipocrita ed intollerabile che si dica che le norme di sicurezza non vengono rispettate dagli operai, che non indossano il casco, non usano le cinture di sicurezza quando salgono sulle impalcature, si trovano dove non dovrebbero essere quando si scavano le fosse nelle discariche e così via. Il Ministro Brunetta non fa che elogiare i risultati ottenuti con i tornelli per diminuire l'assenteismo. E' accettabile che lo stesso "zelo" non venga utilizzato per controllare l'applicazione di leggi che possono salvare delle vite umane? Mi sorge un dubbio: non è che i mancati controlli permettono di risparmiare sui costi delle imprese, sia in termini di personale (i controlli costano) che in termini di manutenzione ed installazione dei sistemi di sicurezza? Non è che si "tollera" la violazione delle norme di sicurezza (per sottovalutazione del rischio, per comodità, per abitudine) per speculare sui costi, salvo scaricare la responsabilità sulle vittime, quando succede una "disgrazia"? Non è che questo Governo, longa manu degli imprenditori nostrani, non ha alcun interesse a sanzionare come dovrebbe chi le norme non le fa rispettare? Se i miei dubbi sono concreti, allora è giusto che, a commemorare le vittime, non partecipi chi ha le mani sporche del loro sangue!

giovedì 4 dicembre 2008

Ma anche!

Dalle colonne di Repubblica di oggi il segretario del Partito Democratico analizza lo stato del suo partito e mette a disposizione la sua leadership qualora si ritenesse sia questa la causa delle difficoltà della sinistra in questo Paese.

Vorrei tranquillizzare, dal mio punto di vista, Veltroni. Quello che è in crisi non è la leadership (o meglio, non è solo la leadership), ma il progetto stesso di Partito Democratico.

Quello che manca è una linea politica chiara. Diventa sempre più evidente che la pretesa di mettere insieme, sic et simpliciter, i gruppi dirigenti di margherita e ds, senza sufficienti aperture verso l'esterno, senza regole chiare, condivise e valide in ogni occasione rende il partito ingovernabile.

I veti incrociati di riformisti e cattolici integralisti impediscono al PD di essere presente sui grandi temi etici, relegando il suo campo di intervento alle questioni marginali, come la presidenza della commissione di vigilanza Rai o l'aumento dell'Iva su sky, argomenti su cui, per di più, non perde l'occasione per fare cattive figure.

Nessuna voce si è levata dal PD sulla pesantissima intrusione della Chiesa cattolica nel tentativo di Sarkozy di messa al bando della criminalizzazione degli omosessuali in tutto il mondo. Nulla viene detto sul problema del testamento etico, della tutela delle unioni di fatto, e, a trent'anni dalla approvazione della legge 194, l'unica voce che ricorda questa fondamentale legge è quella di D'Alema, tramite la sua associazione RED.

Ma ahimè, anche sui temi economici ed ambientali la linea politica latita: chi sa qual è la posizione del PD sui tagli ai contributi per l'istallazione dei pannelli solari? Soprattutto visto che re Silvio IV ha annunciato investimenti per 16 miliardi di opere pubbliche? La produzione di energia pulita non rappresenta forse un investimento fondamentale per un paese senza materie prime? E sulle dichiarazioni di Scajola che l'anno prossimo, per effetto della diminuzione del prezzo del petrolio, le famiglie risparmieranno 2-3000 euro? Non avete notato che, per lo stesso motivo, si dice, quando aumenta, che "la bolletta energetica costerà 100 euro l'anno" e quando diminuisce, la riduzione si moltiplica per dieci, venti volte? Con quali garanzie che, nel corso del 2009, il prezzo del petrolio non tornerà a correre?

E' evidente, in questa situazione, che il malessere si levi con forza. E diventa allora comprensibile (comprensibile, non condivisibile) la proposta di Chiamparino, Cacciari e Vincenzi di un "Partito Democratico del Nord" per creare una politica a favore delle realtà economiche e sociali del Nord. La verità è che la politica non c'è per qualsiasi realtà. E non basta esultare per Obama per coprire le carenze italiane.

In effetti ciò che manca al Partito Democratico è che non è un Partito. E' una associazione elettorale che, per contrastare la destra, per usare un concetto di Moni Ovadia, sceglie di fare, anzicchè opposizione, concorrenza, proponendo, in altro modo, lo stesso prodotto. Ma si sa, è sempre meglio diffidare dalle imitazioni.

Per credere in un partito è necessario che questo sia portatore di ideali, etica, parole d'ordine condivisi. E' questo che manca al PD, non una leadership. Ed in questa situazione il PD si prepara alla sfida per le prossime europee, con Fassino che sottoscrive, a titolo personale, il manifesto del PSE, Rutelli che dice che non morirà socialista e Veltroni che, sfoderando una delle sue magiche dicotomie, sostiene che il PSE dovrà accogliere i socialisti, ma anche i democratici cattolici!

martedì 18 novembre 2008

Quel pasticciaccio brutto

Ma davvero gli italiani non riescono a placare le loro ansie se non si risolve il pasticcio della presidenza delle commissione della vigilanza rai?
Non è un po' eccessivo che la prima pagina di tutti i giornali, siano essi stampati o virtuali, sia occupata da questa telenovela?
Io credo che il Paese abbia bisogno di cose più importanti che sapere se Villari si dimetterà o se si troverà un nome condiviso.
Siamo sinceri: il centrosinistra (ostiniamoci a chiamarlo così) non ci ha fatto una bella figura e, con tutta l'antipatia che nutro per il PdL, mi pare che la strada che hanno seguito sia quella più scontata. Ma insomma, lo avevano detto decine di volte che Orlando non l'avrebbero votato.
Va bene che la commissione è un organo di vigilanza delicato e, di prassi, la presidenza tocca all'opposizione, ma è anche vero che il nome non dico debba essere "gradito" alla maggioranza, ma quanto meno non inviso. Invece Di Pietro ed i suoi si sono intestarditi in una pretesa che, alla fine, era diventata assurda e patetica.
Ci mancava solo che si mettessero a battere i piedi in terra come i bambini capricciosi e il quadro sarebbe stato perfetto.
E ora? Ora abbiamo un presidente di commissione nel pieno dei suoi poteri, scelto tra le file della minoranza, ma dalla maggioranza.
Certo adesso si potrebbe discutere della sua imparzialità ed autonomia di giudizio, Di Pietro potrà ancora urlare la sua rabbia (personale, non politica), dando fiato a chi vuole dimostrare che Orlando non sarebbe stato un presidente equidistante, Veltroni potrà andare a lamentarsi da Napolitano per il fatto che la maggioranza lo delegittima!

LO DELEGITTIMA?

E da quando l'opposizione ha bisogno della maggioranza per legittimarsi?
Una forza politica di minoranza si legittima con la forza delle idee e delle proposte, cercando di far emergere i veri bisogni della sua gente e denunciando gli errori, le falsità, gli interessi di parte tutelati da questo governo.
Ma certo, se si vuole essere legittimati dalla maggioranza, più di tanto la voce non può essere alzata; così, invece di dire l'unica cosa che la gente capirebbe, cioè che la commissione di vigilanza Rai non dovrebbe neppure esistere e che i partiti dovrebbero uscire dalla gestione della Rai, si tiene il Parlamento occupato per mesi su una questione marginale e di nessun interesse per la gente comune, che continua a non arrivare alla terza settimana, con prospettive oscure all'orizzonte, con i Brunetta ed i Sacconi che si accaniscono pretendendo di risolvere le indiscusse inefficienze della burocrazia italiana sparando alla cieca nel mucchio, le Gelmini che delirano parlando di sei o diciotto politico (proprio lei che, per avere una abilitazione se ne è volata a Reggio Calabria), le Carfagna che pensano che nelle case le ragazze dell'est si prostituiscano per il proprio piacere ed i Maroni che… lasciamo perdere.

Sono prevenuto, distruttivo e sparo nel mucchio anch'io?
Può darsi, da ditemi dove sbaglio e sarò pronto a fare ammenda.

lunedì 17 novembre 2008

Addio

Roberto Peluffo non ce l'ha fatta. A una settimana dalla grave emorragia che lo aveva colpito, oggi pomeriggio ha cessato di vivere.

Non posso definirmi un suo amico, avevamo avuto poche occasioni per frequentarci soprattutto in occasione del congresso dei DS, in vista della costruzione del Partito Democratico. Insieme a lui, a De Cia ed altri compagni e compagne avevamo aderito alla mozione Angius, critica sul percorso del PD. Nonostante la breve frequentazione era rimasto un senso di vicinanza e di stima come sempre avviene quando si condividono battaglie ideali di minoranza.

In lui avevo apprezzato la grande professionalità, l'attaccamento al proprio lavoro al servizio della comunità, l'estraneità al sistema di potere dei partiti.

Comunicandoci la sua decisione di aderire, a malavoglia, al PD, ci disse "Che volete, io sono un amministratore, non un politico. Nel Pd o fuori da esso, ho un lavoro da svolgere, e voglio svolgerlo al meglio"

La provincia di Savona perde un protagonista, la politica del nostro territorio è oggi più povera.


 

venerdì 14 novembre 2008

Forza Roberto!



Dai Roberto, siamo tutti con te

giovedì 13 novembre 2008

O’ sole mio

Quello che mi colpisce di più del dibattito sulla produzione di energia in Italia è il suo forte ed eccessivo contenuto ideologico, che sembra fatto apposta per trasformare il confronto in "tifo".

Va bene che nel nostro paese sembra che il calcio abbia un ruolo determinante per qualsiasi cosa, tanto che il nostro amato presidente del consiglio ha "comandato" i giocatori brasiliani del Milan ad un incontro col presidente Lula, ma mi pare che si stia esagerando.

Sia parlando di nucleare che di energie rinnovabili il confronto sembra fatto tra sordi. Ogni schieramento insensibile alle ragioni dell'altro. In queste condizioni chi, come me, non è in grado di assumere un orientamento "ragionato" si trova smarrito.

Ma, mi chiedo, non sarebbe possibile impostare il dibattito su dati oggettivi e comprensibili per i non addetti ai lavori in modo da togliere l'ideologia da una scelta che riguarda il futuro del paese?

Istintivamente l'energia nucleare non mi convince, se non fosse per il contenuto tragico della parola, ma rifiuto di assumere un orientamento in base all'istinto.

Quanto costa un kw prodotto in una centrale nucleare in termini di acquisto di know-how, costruzione, gestione, sicurezza? Che costo avrà l'approvvigionamento e lo smaltimento della materia prima e delle sue scorie?

Le energie alternative sono in grado di rispondere alle esigenze del paese con costi confrontabili con questi?

Come si vede non ho parlato di rischi di inquinamento, anche perché, essendo circondati da impianti nucleari di altri paesi, sarebbe facile l'obiezione dei "nuclearisti" sul fatto che le radiazioni non conoscono confini.

Ma se già il confronto sui costi rendesse percorribile la strada delle energie alternative è evidente che la scelta non potrebbe che cadere su quelle rinnovabili, almeno per tre buone ragioni:

Le tecnologie solari ed eoliche sono già disponibili ed in grado di produrre energia da domani, senza bisogno di programmi a quindici-venti anni;

le energie rinnovabili sono più "democratiche": piccoli (relativamente) impianti diffusi sul territorio e non poche mega centrali che metterebbero nelle mani di chi le gestisce un potere enorme;

il sole ed il vento sono risorse abbondanti nel nostro paese, e ci libererebbero dalla dipendenza dall'estero. Oggi dagli sceicchi, domani da chissà chi.

Ma questo semplice confronto non mi pare si faccia. Si parla sempre dei vantaggi e dei limiti dell'uno separato dell'altro, ed intanto Scajola va avanti per la sua strada.

Berlusconi caratterizza il suo governo con grandi progetti faraonici a lunghissima scadenza che, però, necessitano di finanziamenti da subito: prima il ponte sullo stretto di Messina, oggi le centrali nucleari.

Viene a qualcun'altro il sospetto che il vero obbiettivo non sia la realizzazione delle opere, ma la loro progettazione?


 


 


 

venerdì 7 novembre 2008

Attenti a quei due

E sì, c'è proprio da stare attenti. Da una parte le battute da cabaret di Berlusconi, dall'altro i goffi tentativi di Veltroni di leggere le elezioni americane come l'inizio di una riscossa italiana.

Non voglio neppure entrare nel merito della presunta gaffe di Berlusconi sul colore della pelle del Presidente eletto Obama. Fiumi di parole sono già state dette e scritte in tutto il mondo e non sarei capace di aggiungere nulla che non sia già stato detto o che potrebbe essere utile ad attenuare il senso di disagio e di vergogna che mi ha preso ascoltando quelle dichiarazioni.

Ma, se Atene piange Sparta non ride, e Veltroni non ha perso tempo ad affermare che l'onda di cambiamento arriverà anche da noi, dando alla vittoria dei Democrats americani una funzione salvifica per la sfigatissima situazione della sinistra italiana. Peccato si sia dimenticato di argomentare, anche solo per titoli, questa affermazione. Che dovrebbero dire Brown e Zapatero, solo per citare i capi di governo geograficamente più vicini a noi? Che la Spagna e il Regno Unito sono pronti per la rivoluzione, visto che l'asse mondiale, a sentire il nostro Valter, si è spostata a sinistra?

A me pare che entrambe le dichiarazioni siano indice di un dato caratteriale che accomuna Berlusconi e Veltroni.

Sia l'uno che l'altro pensano di essere il centro del mondo. Che tutti ruoti attorno a loro.

Con una differenza, ahimè. Uno è un vincente, l'altro no.

Nel loro atteggiamento tutto mi pare condurre al loro io ipertrofico. Dalla pretesa di Berlusconi di "dare consigli" ed "abbracciare" Obama, dall'alto della sua età e della sua esperienza di Governo (ha detto proprio così!), alla decisione veltroniana di correre da solo alle ultime elezioni politiche (con i risultati a tutti noti); dalla convinzione che, anche nei consessi internazionali, siano consentite battute volgari, corna e barzellette, alla presunzione di poter rappresentare tutta la sinistra italiana, dimenticando di aver portato il suo vecchio partito, i DS, al minimo storico nel periodo in cui ne è stato il segretario; dal dispregio dimostrato verso le più elementari norme e consuetudini democratiche (che ha visto persino il levarsi delle critiche del presidente della Camera), al tentativo di accreditarsi come leader internazionale scrivendo una lettera a McCain, dopo il suo discorso dopo la sconfitta.

La verità è che il nostro è un Paese piccolo, governato da uomini piccoli, con un piccolissimo ruolo internazionale. Non è una condanna, né un dato di fatto. E' la conseguenza di scelte dei nostri politici, di governo e di opposizione. E' la conseguenza del nostro atteggiamento di cittadini e di elettori. E' la conseguenza di una incultura basata su calcio e veline. Cambiare? Dipende da noi. Mi piacerebbe finire dicendo …Yes, we can!


 

lunedì 3 novembre 2008

Speriamo vinca Mc Cain

Eh già! Spero proprio che il candidato repubblicano abbia la meglio nelle elezioni di domani, che porteranno alla sostituzione del peggior presidente americano che la storia ricordi. Speriamo che vinca McCain perché mi pare l’unico modo per distinguermi dai nostri politici di centrodestra, che si stanno affannando in queste ore a dichiarare la propria simpatia per Barak Obama.
Ma come, non più tardi di un mese fa il nostro presidente del consiglio si lanciava in sperticate lodi per “l’amico George”, definito come il più grande presidente che gli USA avessero mai avuto e oggi, con una capriola degna di un acrobata del circo, sono tutti lì a dire di ispirarsi ad Obama!
No, cari signori. Siete stati e siete alleati dei repubblicani americani, dei responsabili della guerra in Iraq, alla ricerca di inesistenti armi di distruzione di massa; dei fautori del libero mercato senza regole, che hanno provocato una crisi finanziaria mondiale senza precedenti che, a sua volta, sta buttando l’economia mondiale in recessione, con la conseguente perdita di posti di lavoro in tutto il mondo, con un impoverimento generale e oggi, solo oggi, ve ne venite fuori con queste uscite?
Dalla Gelmini a Frattini, da Brunetta a Berlusconi, è tutto un rincorrersi di dichiarazioni di sostegno al candidato democratico.
A quando anche un ripensamento di Borghezio e Calderoli?
Forse da domani il più potente uomo della terra sarà un Nero. Un nero progressista.
Uno che la pensa come noi, gente di sinistra, riformatori, antirazzisti, laici. Uno di noi. Cercate di essere seri (so che per lorsignori è difficile, ma almeno un sussulto di dignità, via!). Esprimete la vostra solidarietà ed il vostro appoggio al vostro referente naturale d’oltreoceano. Restate amici di Bush, come lo siete rimasti di Putin.
Non so se Obama vincerà, tifo per lui anche se, sinceramente, non credo che sarà una passeggiata. Ma comunque vada non salterò sul carro del vincitore. E, come me, resteranno fedeli tutti quelli che credono, sinceramente e lealmente, nei valori della democrazia, della libertà, della pace, della centralità dell’uomo rispetto al profitto.

venerdì 31 ottobre 2008

Avrei voluto

Avrei voluto scrivere della bella manifestazione di ieri, tra musica, balli, slogan misurati e tanta, tanta gente: ragazzi e ragazze, bambini, anziani, tutti insieme a manifestare contro una legge cretina che mina la scuola pubblica alle fondamenta, ma poi ho letto su Repubblica di ieri, l'articolo di Curzio Maltese, che riproduco fedelmente, ed allora mi è venuta tristezza e preoccupazione. Il ricordo tragico del G8 di Genova (presidente del consiglio Silvio Berlusconi, Ministro dell'interno l'imperiese Claudio Scajola) mi è piombato addosso, togliendomi la voglia di ridere e scherzare.
Gli eventi dell'altro giorno, se le cose riportate sono vere (ma non credo possano esserci dubbi), segnano un discrimine. Fino all'altro ieri potevamo illuderci di vivere in un Paese democratico... da oggi, ahimè, non più.


Caschi, passamontagna e bastoni.
E quando passa Cossiga un anziano docente urla: "Contento ora?"

Un camion carico di spranghe e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti

di CURZIO MALTESE


Gli scontri di ieri a Roma
AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!". Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!". L'altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo".
(30 ottobre 2008)

mercoledì 29 ottobre 2008

30 Ottobre


Questo blog aderisce alla manifestazione del 30 ottobre contro l'approvazione del decreto Gelmini. Per sostenere tutto il personale della scuola e gli studenti tutti in Piazza Sisto a partire dalle 8.30

sabato 25 ottobre 2008

Le Konfessioni d’un italiano

Eccoli, finalmente sono arrivati, era un po' che li aspettavamo, ne sentivamo la mancanza. Quel dolore quasi fisico legato all'assenza di qualcuno che aspetti con ansia, e non arriva.

Ma come tutte le belle storie, alla fine la nostra ansia si è sciolta in un sospiro, sono arrivati.

Chi?

Ma come chi: i facinorosi, i mestatori, i terroristi che, in piccolo manipolo, impediscono agli studenti, all'eccessivo personale di supporto, ai troppi insegnanti di ogni ordine e grado, ai troppi presidi, ai troppi rettori delle troppe Università di andare nelle troppe scuole italiane a seminare e a raccogliere cultura.

Di fronte all'ampiezza della protesta che sta travolgendo la scuola italiana, tale da far pensare, a quarant'anni esatti, ad un ritorno del 1968, il nostro premier riscopre, in una con la nostra Maria Stella, uno dei ministri più amati della storia repubblicana, la storia trita dei facinorosi, delle sparute minoranze e via di seguito con la logora paccottiglia di chi non accetta che qualcuno (l'intero Paese a quanto pare) la pensi in maniera diversa da lui.

Ma questa volta c'è un elemento in più. E non è un elemento da poco.

Credo che i media italiani abbiano dato un insufficiente risalto ad una intervista rilasciata dal Senatore a vita, Presidente emerito e già Ministro dell'interno ai tempi del 1977, Francesco Cossiga, novello Carlino Altoviti, ai quotidiani del gruppo La Nazione, Giorno, Il resto del Carlino, il 23 ottobre, su come, di fronte a simili accadimenti, un ministro democratico ed illuminato dovrebbe comportarsi. Per chi se la fosse persa ne pubblico qui uno stralcio. Non credo serva commentarla.

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Ma credete che Cossiga, anzi Kossiga, si sia limitato a prendersela solo con gli studenti? Leggete qui:

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere?

«In Italia torna il fascismo, direbbero. Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

lunedì 20 ottobre 2008

Vittorio

Ciao, Vittorio.
Sentiremo la Tua mancanza.

Indovina chi viene a cena

Sono indignato. E non riesco a rassegnarmi.
Ho sempre più spesso la spiacevole sensazione che il nostro Paese stia assurgendo al rango di “laboratorio” per un nuovo modo di governo delle masse. Non il 1984 di Orwell, ma qualcosa di peggiore ed inquietante. Non basta più, infatti, rivedere i valori di democrazia e libertà della nostra storia nata dalla guerra di liberazione, mettendo sullo stesso piano i combattenti partigiani con i repubblichini di Salò. Oggi si vuole condizionare il modo di leggere il presente. Ed il futuro.
E lo si fa nel peggiore dei modi: seminando odio e paura.
I mezzi di informazione (notoriamente indipendenti e sempre pronti a denunciare i guasti del governo!) non fanno che sottolineare la pericolosità delle nostre città, delle nostre strade, dipingendo un Paese nelle mani della criminalità diffusa, (mettendo magari da parte quella organizzata), soprattutto quando i piccoli reati sono commessi da non italiani, dimenticando che le statistiche dimostrano come l’Italia sia un paese tutto sommato tranquillo, o comunque in linea con i paesi cosiddetti civili.
Ricordo, da bambino appena arrivato al Nord dalla natia Sicilia, il dolore che mi dava leggere le notizie di furti o rapine commessi da “Tizio, siciliano”, quasi a sottolineare che la provenienza geografica, in qualche modo a me ignoto, aggravasse o provocasse il reato. Ed oggi anche un incidente stradale in cui sia coinvolto un romeno, o un albanese, sembra più grave di quello commesso da un bergamasco o un imperiese.
Perfino l’aumento della partecipazione della Libia nel capitale Unicredito viene dipinta in modo inquietante, dimenticando la partecipazione libica al capitale Fiat, o la presenza di capitali stranieri in pressoché tutte le attività economiche italiane di un certo rilievo.
Ma una cosa ostacola il diffondersi dell’odio razziale: i giochi dei bambini, i loro sorrisi innocenti, le classi ormai sempre più multiculturali e multietniche. Ed allora ecco le classi ponte. La divisione, la ghettizzazione del diverso, l’emarginazione.
Bisogna evidentemente impedire che, domani, una figlia bianca, cattolica, porti a cena dai genitori un amico nero, e mussulmano, come nel celebre film che da il titolo a questo post.
Nel momento in cui la più grande potenza mondiale (o quello che ne resta dopo la cura Bush) potrebbe eleggere come proprio presidente un nero (Dacci dentro Obama, vinci anche per darci una speranza!), noi discutiamo di separare i bambini stranieri da quelli italiani, di obbligare i medici del pronto soccorso a denunciare le persone non in regola col permesso di soggiorno che ricorrono alle loro cure, ad impedire con tutti i mezzi la costruzione di luoghi di culto per altre religioni che non siano quella cattolica, e non per questioni di fede (che già sarebbe odioso), ma solo perché i mussulmani, nella stragrande maggioranza, non hanno diritto di voto!
A tutto questo si aggiungano i tagli agli investimenti per la scuola (ma perché si continua a definire riforma quello che è solo un’operazione contabile?) ed il quadro è completo.
L’istruzione pubblica, diffusa ed uguale per tutti, ridimensionata. La cultura offesa, piegata agli interessi dei potenti. La capacità di critica annullata, in nome della diffusione di un pensiero unico.
E l’affermazione definitiva della televisione, vero e solo “maestro unico” della società che, con la paura e l’odio, ci stiamo apprestando a costruire e a vivere!

martedì 14 ottobre 2008

Ci vorrebbe un amico

Alla fine c’è voluto un laburista per indicare la strada corretta per uscire dal vortice perverso in cui le borse di tutto il mondo erano crollate, a seguito della crisi dei mutui subprime americani.
Non credo che la crisi sia definitivamente superata, ma certamente si è almeno dato uno stop al panico sui mercati. Il piano di salvataggio voluto fortemente da Gordon Brown si è rivelato, finora, efficace per ridare quel po’ di fiducia agli investitori ed alle banche.
Oggi i mercati sanno che, dovunque siano annidati i titoli avvelenati, i Governi interverranno per porre un limite alle crisi, superando così il limite principale del piano Paulson (vedi il mio precedente post), peraltro ripudiato dallo stesso estensore, che ha acceduto alle richieste dei democratici americani di utilizzare i fondi stanziati dal Congresso non per acquistare i titoli, ma per rifinanziare le banche in difficoltà.
Il piano di Berlusconi e Sarkozy (le teste pensanti del liberismo europeo!) è stato accantonato dall’Europa, giustamente, visto che era una scopiazzatura di quello, già rivelatosi inefficace, degli Usa.
I già citati Berlusconi e Sarkozy, in una con l'ultra liberista Merkel, hanno dovuto accodarsi al laburismo di Gordon Brown, che ha dimostrato, dopo le critiche di grigiore ed understatement del suo mandato, di avere la statura di leader europeo.
Quello che continua a deludere (e per certi versi a sorprendere) è il nostro beneamato Berlusconi.
Appena capitalizzata una sconfitta in Europa sul suo piano che fa, il nostro?
Vola in America, disertando un fondamentale consiglio dei ministri, in nome dell’apparire a scapito del fare e che dice all’”amico Bush”?
Che il ruolo degli Usa è stato fondamentale per superare la crisi (mentre, a dire il vero, è stato fondamentale per la sua esplosione e, subito dopo il piano Paulson, per il suo aggravamento);
Che l’amicizia degli italiani con gli Usa non sarebbe mai venuta meno perché sono stati salvati dal fascismo, dal nazismo e dal comunismo (non mi risulta che ci sia stato un golpe comunista in Italia, mentre mi pare che un ruolo fondamentale per la conquista della democrazia in Italia sia stato svolto dalla guerra partigiana, mentre è evidente in compagnia di chi, il cavaliere, sia al governo in Italia);
Che l’”amico George” sarebbe stato ricordato addirittura dalla storia come un ottimo presidente, forse dimenticando la scia di sangue che il suo mandato si sta portando dietro, ed alla cui megalomania anche il nostro Paese ha dovuto pagare un pesante contributo di vite umane.
Che la crisi finanziaria non ha ripercussioni sull’economia reale, non sapendo, evidentemente, quale aggravio sui bilanci delle famiglie rappresenti l’aumento vertiginoso dell’euribor (dovuto proprio alla crisi di fiducia tra le banche), che provoca e provocherà diminuzione dei consumi, con possibile recessione, cui il suo Governo non sarà capace di far fronte, come ha dimostrato finora.
Fortunatamente l’era di Bush può ormai dirsi tramontata, questa crisi è l’ultimo regalo che la sua amministrazione ha fatto al mondo. La speranza è che il prossimo presidente Usa sia il democratico Obama e che sappia dare una svolta al ruolo del suo Paese nel mondo.
Lasciando a Berlusconi, come unico amico di riferimento quel sant’uomo di Vladimir Putin, anche lui caratterizzatosi per la scia di sangue, guerre e violenza che si porta dietro.
Forse, per il nostro premier, ci vorrebbe un amico che potesse consigliarlo per il meglio, anzicchè offrirgli semplicemente un palcoscenico per le sue uscite da cabarettista mancato.

venerdì 10 ottobre 2008

Senza rete 2

Anche oggi è stata una giornata di passione per le borse mondiali ormai inserite in un vortice che sembra non avere fine. Ogni notizia negativa influenza la giornata successiva che a sua volta…. Così la chiusura negativa delle borse asiatiche provoca il crollo di quelle europee, che produce la discesa di Wall Street, che affonda le borse asiatiche il giorno successivo.
Ormai il panico sembra l’operatore di borsa più gettonato ed è gara al record negativo.
In questa situazione solo una cosa è possibile fare: non fare allarmismo e mantenere la calma.
Ed infatti, almeno in Italia, il Governo si sta dimostrando assolutamente all’altezza della situazione: nel giro di ventiquattro ore, se non ho capito male, il nostro amato premier Berlusconi ha affermato che
non c’era pericolo per le banche italiane,
che bisognava sospendere le contrattazioni di borsa in tutta Europa,
che bisogna comprare Eni ed Enel perché la nostra economia è forte,
che non serve chiudere le borse,
che alcune banche italiane potrebbero aver bisogno di essere ricapitalizzate perché la nostra economia è debole,
che le banche potrebbero chiedere alle piccole e medie aziende di rientrare dalle loro esposizioni col sistema,
ma che no, non lo faranno.
Ma chi gliele consiglia queste uscite: Gargamella? Gatto Silvestro? O sono tutte farina del suo sacco?
Come si fa a stare tranquilli con un primo ministro che, lui per primo, sembra essere preda (se le notizie giornalistiche sono vere, ma certamente le smentirà) della confusione più totale?
Non sono in grado di dire quali siano gli esatti motivi di questa crisi e le vie per uscirne (non sono un premio nobel per l’economia … ancora), ma ho l’impressione che ci sia qualcuno che giochi, e giochi molto, molto sporco. E’ nei periodi di grande turbolenza che spuntano improvvisamente nuovi ricchi, o quelli vecchi incrementano i loro patrimoni incuranti delle ricadute sulle fasce più deboli della società.
Sono infatti queste su cui la crisi si riverserà pesantemente se non saremo in grado di uscirne, e uscirne in fretta.
Mutui insostenibili, credito al consumo (cioè l’acquisto rateale di beni durevoli, come l’automobile, la lavatrice o il frigorifero) dai costi proibitivi saranno solo la punta di un iceberg molto pericoloso.
Chi finanzierà, infatti, lo stato per gli interventi pubblici che questo sarà chiamato a sostenere per il salvataggio di banche ed aziende in crisi? Dove verranno presi i soldi necessari? Sono solo due le risposte possibili: o facendo ricorso a nuova moneta (reale se la crisi sarà europea, virtuale, attraverso l’aumento del debito pubblico se questi interventi dovessero riguardare solo l’Italia), e quindi rischiando una impennata dei prezzi, oppure attraverso la fiscalità generale, o aumentando le tasse (ve lo ricordate il programma di Berlusconi su questo punto?) oppure tagliando i già martoriati servizi pubblici: scuola, sanità, giustizia, sicurezza.
Dimenticavo: dopo l’appello di Berlusconi Enel -8,51% Eni -7,21%. Meditate gente, meditate!

giovedì 9 ottobre 2008

Berlusconi fa vomitare (Sen. P.Guzzanti)

Se a qualcuno dovessere essere sfuggita riporto parte di una dichiarazione del Sen. Paolo Guzzanti del PdL sui rapporti tra Berlusconi e Putin, ripresa da molti giornali e che potete trovare, in versione integrale, sul blog del senatore, a questo indirizzo

ROTTA DI COLLISIONE: LA MIA COSCIENZA MI VIETA DI CONDIVIDERE IL CONNUBIO MORALMENTE INDECENTE, LE PAROLE E I GIUDIZI DI BERLUSCONI SULLA SUA RELAZIONE CON VLADIMIR VLADIMIROVIC PUTIN, L’UOMO ACCUSATO DA LITIVINENKO DI ESSERE IL MANDANTE DEL SUO OMICIDIO. IERI ERANO DUE ANNI DAL GIORNO IN CUI ANNA POLITKOVSKAYA FU ASSASSINATA NEL GIORNO DEL COMPLEANNO DI PUTIN, PER CADEAU. DISAGIO? MOLTO DI PIU’: CONFLITTO DI COSCIENZA, CHE SAREBBE IL CONFLITTO DI INTERESSI DELLE PERSONE PERBENE. IERI ALLA RIUNIONE DEI SUOI DEPUTATI BERLUSCONI HA SUPERATO SE STESSO PARAGONANDO IL PRESIDENTE SAAKARSVILI A SADDAM, SOLTANTO PER REGGERE IL GIOCO DEL BANDITO INTERNAZIONALE. ERA TROPPO. HO VOMITATO.
8 Ottobre 2008
ROMA 8 OTTOBRE 2008


Non faccio commenti

lunedì 6 ottobre 2008

Senza rete

Il Congresso americano ha dato il via, in maniera bi-partisan, al piano Paulson di 700 mld di $, per far fronte alla crisi finanziara che sta sconvolgendo l’economia mondiale.
Nonostante abbia abbandonato da anni gli studi di economia, mi vengono in mente alcune considerazioni, forse banali, anzi sicuramente banali.
Innanzitutto mi sorprende l’ipocrisia dei teorici e dei maghi del liberismo che non perdono occasione, in periodo di vacche grasse, a sostenere come il mercato sia la panacea di tutti i mali ed un qualsiasi intervento pubblico non sarebbe se non un attentato alla libertà di impresa, salvo correre da papà Stato quando il mercato dimostra, in maniera inequivocabile, che, da solo, non è in grado di affrontare i momenti di crisi.
E’ davvero comico ascoltare il nostro beneamato commercialista brianzolo (con tutto il rispetto per tutti i suoi colleghi) in questi giorni, scagliarsi con veemenza contro “i guasti che pvovoca il mevcato”.
Ma è sul merito del piano che, con grande cautela e modestia, vorrei dire qualcosa.
Lo stock dei mutui americani è stimato in circa 11mila miliardi di dollari e i motivi principali della crisi attuale sono da ricercarsi in due questioni: la diminuzione del costo delle abitazioni, che rende economicamente più conveniente non pagare più le rate dei mutui a fronte di un bene svalutato, e l’aumento dei tassi che rende insopportabile il pagamento delle rate da parte di numerose famiglie, in affanno economico.
Il piano Paulson prevede che il Tesoro americano acquisti i cosiddetti “debiti tossici” nel portafoglio delle banche per toglierli dal mercato, dando, in cambio, titoli dello stato americani.
Attenzione: i titoli, non i mutui. Ma nei titoli c’è un po’ di tutto: tossici e non tossici: come distinguerli? Primo problema.
Ma soprattutto: il piano interviene su ciò che è avvenuto, non impedisce che domani tutto ciò avvenga nuovamente. Quanti di quegli 11mila Mld andrà di default tra sei, dodici mesi? E che farà il Governo americano: altri 700 mld? Non mi pare credibile.
Ed infatti le borse, nel momento in cui scrivo, approfondiscono la crisi non credendo evidentemente nell’efficacia del piano.
Che fare? Credo (a dire il vero non è un’idea mia ma di illustri economisti che lavorano nelle università americane: guarda qui) che la strada sarebbe quella di dire ai mercati che i mutui subprime non esistono più. Non raccontando delle storie, evidentemente, ma utilizzando quel fiume di denaro stanziato dal Tesoro USA per garantire alle banche che lo stato acquisterà i mutui che non verranno pagati che so, al 70, 80% del loro valore, lasciando, evidentemente alle banche il compito di escutere le loro garanzie sugli immobili (sennò tutti smetterebbero di pagare le rate).
Questa strada avrebbe alcuni vantaggi: innanzitutto non si interverrebbe ex-post a pioggia, ma si metterebbe in atto un processo che, da un lato, non premia le banche che hanno “giocato” con le esposizioni (il piano Paulson prevede che i titoli vengano acquistati al loro valore facciale), punendole, comunque con un 20-30% del valore del mutuo, ma, soprattutto, direbbe a mercati che una simile crisi non potrà avvenire più in futuro.
Anche perché a me fa personalmente paura il nostro amato premier che assicura che non permetterà che nessun risparmiatore italiano possa rimetterci un cent, senza peraltro dire come. Che cosa ha in mente? Un’altra cordata salvifica, scaricando i debiti sul fisco, come è accaduto con Alitalia? Creare un fondo di salvataggio, magari europeo, cui attingere per colmare i debiti (nota a parte: dove saranno presi i soldi per pagare i debiti Alitalia? Semplice, attingendo al fondo, già esistente, nato per salvaguardare le vittime di crack finanziari, tipo Cirio o Parmalat, per intenderci: ma quello di Alitalia non è un crack finanziario: è frutto di una colpevole gestione dei manager, nessuno dei quali è stato in qualche modo punito, anzi!) delle banche italiane? Organizzare una task force di carabinieri da schierare davanti agli sportelli bancari per impedire che il panico diventi corsa a ritirare i depositi dalle banche?
La cattiva coscienza dei liberisti europei e non solo che oggi governano il mondo, ahimè, non da grandi garanzie e temo che la crisi durerà ancora a lungo e, presto, anche l’Europa e l’Italia saranno percorse da un’ondata di maremoto finanziario.
La sola speranza che, dopo la distruzione, si capisca, finalmente, che il mercato, senza intervento pubblico né regole, può funzionare solo a costo di costi sociali insopportabili per una democrazia e la presenza dello Stato come governante dell’economia e garante del rispetto delle regole è insostituibile, nel rispetto di tutti gli interessi in gioco: gli imprenditori, i consumatori, i cittadini. Come si chiama tutto questo? Ebbene sì: si chiama Socialismo!

martedì 30 settembre 2008

Raccolta differenziata

In questo periodo a Savona stiamo assistendo ad un confronto politico un po’ surreale.
Da un lato la richiesta del Partito Socialista che, in Comune, chiede a gran voce un rimpasto, ovviamente volto a marcare maggiormente la propria presenza, dall’altro Rifondazione Comunista che fa le barricate contro, adducendo come motivazione più forte il pessimo risultato che la formazione di Caviglia e compagni ha registrato alle ultime elezioni politiche, forse dimenticando il proprio exploit, che ha visto scomparire la sinistra dal parlamento italiano e messo fortemente in dubbio la possibilità di riconquistare, la prossima primavera, la Provincia.
Ma è proprio qui che il dibattito assume toni che sono al limite del ridicolo, con un PD che traccheggia e sembra incapace di decidere, mantenendo in vita una giunta senza più alcuna credibilità, senza prospettive.
Certo i punti del programma che sono stati individuati per continuare a far vivacchiare la giunta, evitando un paio di mesi di commissariamento, non sono di poco conto, ma sono certi i vertici del PD provinciali e regionali che sia questa la strada giusta?
E’ utile per la Provincia questo accanimento terapeutico che si rifiuta di prendere atto che l’esperienza Bertolottiana è ormai giunta al capolinea e che lo ha fatto nel modo meno “elegante”, su un dissidio sulle candidature?
Con il presidente Bertolotto che, ovviamente, pensa ad altro e che, forte dell’esperienza che si è fatta discutendo del piano dei rifiuti provinciale, cerca la possibilità di riciclarsi in una formazione civica che sembra costruita proprio con quell’obbiettivo?
Le domande sono retoriche e a me sembrano ovvie le risposte.
Quello che trovo meno ovvio è come molte persone leggono la nascita della formazione di Cappelli.
Una lista fuori dai giochi politici, fuori dai partiti, legata e vicina al territorio.
A me pare una visione un po’ strabica: L’altra Savona mi ricorda piuttosto un suk arabo con tante merci, tanti colori, tanti odori, ma senza una visione unitaria.
Una specie di raccolta differenziata fatta male: tanta fatica per separare la carta dalla plastica, il vetro dall’umido e poi via, tutto nello stesso calderone.
Cosi un leghista, un comunista, un socialista, un popolare si mettono insieme e si mettono a gridare Noi siamo il nuovo, noi siamo l’antipolitica tanto cercata. E no, cari signori. Non rappresentate né il nuovo né, tantomeno un modo diverso di intendere la politica. Piuttosto un tentativo di riciclarsi per giustificare a se stessi le trombature.

Post Scriptum: c’era una sola cosa che condividevo del programma elettorale di Berlusconi: l’abolizione delle provincie. Sembra anche questa una promessa dimenticata, va beh! Vuol dire che la mia opinione sul centrodestra italiano si rafforza.

martedì 23 settembre 2008

Sotto il vestito niente




Il Governo Berlusconi ha, fin dal suo insediamento, indossato l’abito dell’efficienza nel tentativo di marcare una differenza con il precedente, guidato da Romano Prodi.
Ricordiamo tutti i roboanti proclami con cui venivano affrontate le varie emergenze. Soprattutto su alcuni argomenti si sono spesi i ministri e lo stesso Berlusconi: scuola, sicurezza, rifiuti, Alitalia ed economia.
Sottaciuta, guarda caso, la giustizia su cui, al contrario, si è realizzato il vero assalto alla diligenza. Tutto, ovviamente, per mettere il grande capo al sicuro dalle sue disavventure giudiziarie, fino al famigerato lodo Alfano che riconosce una sorta di salvacondotto alle quattro più alte cariche dello stato.
Non è ancora finita, ad ascoltare i boatos, l’assalto alla Magistratura, fino a dichiarare che si costringeranno i pm a presentarsi “col cappello in mano” ai giudici. Ce ne sarebbe abbastanza per riempire le piazze a difesa della democrazia, ma pare che questo sia un argomento poco interessante, come dimostrano anche le reazioni (le non reazioni) alle dichiarazioni di Larussa e Alemanno. Anzi il gradimento del premier (carica inventata da Berlusconi e non presente in nessun articolo della nostra costituzione per darsi un aura di internazionalità) è in ascesa, insieme al suo governo cui si riconosce la capacità di incidere sulla realtà italiana.
Ma a me pare che sotto il vestito dell’efficienza non ci sia in effetti niente.
La criminalità continua a fare i propri affari, in barba ai soldati schierati nelle grandi città. Camorra e mafia agiscono indisturbate nei loro ambiti di riferimento, con omicidi, stragi, pizzo, intimidazioni e spaccio.
Ma forse è ad un altro tipo di sicurezza che si voleva tutelare?
Quella in nome della quale due negozianti massacrano a sprangate un ragazzo reo di ave rubato un pacco di biscotti e di avere la pelle nera?
O quella messa in pericolo da qualche povera ragazza costretta a prostituirsi per strada (quelle che sono costrette a farlo in casa, ovviamente, non sono in discussione. Tra quattro mura non esiste sfruttamento, né schiavitù. Le donne lo fanno per esclusivo loro piacere ed interesse e non esiste né racket né violenza)?
E che dire della scuola? La grande riforma Gelmini avrà come primo risultato la cancellazione del tempo pieno (se non fosse così non potrebbe esistere il tanto decantato maestro unico) e di ridare ovviamente fiato alle scuole private (ovviamente in massima parte cattoliche) che vedranno moltiplicate le iscrizioni da parte dei genitori che vedono nel tempo pieno anche un modo che consente loro di avere un lavoro e quindi un tenore di vita adeguato.
E i rifiuti? Non occorre spendere parole, è sufficiente guardare le foto che pubblico qui, scattate il 5 settembre da Macbeth, estensore del blog emergenzarisolta.blogspot.com, che invito tutti a visitare per avere ulteriori informazioni sul tema.
E l’Alitalia? Nel momento in cui scrivo ancora non si conosce l’esito. Ma qualunque esso sia è evidente che, nel migliore dei casi, tutti i debiti della compagnia saranno scaricati sul bilancio pubblico, e quindi sulle nostre tasche. Nel peggiore decine di migliaia di posti di lavoro, tra diretti e dell’indotto, verranno persi ed il turismo italiano (una delle fonti principali di reddito del Paese) avrà un colpo durissimo, in nome della difesa dell’aeroporto di Malpensa da parte della Lega e dell’uso strumentale che Berlusconi ha fatto della vicenda in campagna elettorale, che hanno provocato il naufragio dell’accordo con Air France (per dare a Cesare quello che gli compete, non va dimenticato, in quel caso anche la miopia dei sindacati).
Che dire dell’economia: certo, è vero, il Governo ha cancellato l’Ici (solo una parte, il 40% era già stata cancellata dal governo Prodi), ma ancora non si vedono i provvedimenti compensativi a favore dei Comuni (che sull’Ici vivono e fanno vivere i servizi verso le fasce più deboli), il ministro Tremonti ha già dichiarato che le tasse verranno ridotte solo nell’arco della legislatura, che significa probabilmente mai, ed il PIL viaggia in modo pericoloso verso lo zero, per non dire sotto.
L’economia italiana, che poi vuol dire il tenore di vita delle persone, la ricchezza dei singoli, il numero delle volte che possiamo portare a cena fuori la famiglia, la fidanzata o il ragazzo, o andare a cinema o anche soltanto comprare le scarpe nuove al bambino, ristagna in maniera pericolosa. Certo l’economia italiana non può non risentire della congiuntura internazione, della crisi dei mutui sub-prime americani che presto arriverà anche in Europa, del caro-petrolio, ma nel nostro paese la congiuntura è più grave che altrove per alcuni motivi che vanno dalla debolezza e provincialità strutturale del nostro capitalismo, all’enormità del debito pubblico che drena risorse se non altro per pagarne gli interessi, alla condizione dei lavoratori dipendenti su cui si scarica il maggior peso della fiscalità. Su questo il Governo dovrebbe intervenire, su questo il Governo non interviene: per incapacità o perché i suoi riferimenti ed i suoi obbiettivi sono altri? I lavoratori e le lavoratrici che l’hanno votato e lo sostengono riflettano e si diano delle risposte. Nel loro interesse.

Post Scriptum: non ho capito o mi è sfuggita la posizione del Governo ombra del PD sulla vicenda Alitalia. Continuo ad aspettare una presa di posizione del ministro ombra Colaninno sulla vicenda che vede coinvolto l’imprenditore Colaninno (suo padre). Il conflitto di interessi riguarda solo gli altri?

venerdì 19 settembre 2008

Quattro amici al bar

Ho partecipato a decine di trattative nella mia attività di sindacalista e debbo dire che non ricordo una vicenda come quella che ha visto fronteggiarsi i sindacati con la cosiddetta “cordata” guidata da Colaninno.
Debbo anche dire che non mi sono mai stati molto simpatici i sindacati dell’Alitalia, che ritengo essere tra i responsabili dell’attuale situazione della compagnia di bandiera.
Ma in questo caso non posso che esprimere tutta la mia solidarietà ad essi e soprattutto ai Lavoratori ed alle Lavoratrici dell’azienda.
Non si era mai vista una trattativa in cui esiste una sola possibilità: accettare le proposte della controparte.
Non è un atteggiamento maturo, soprattutto perché il buon Colaninno ed i suoi “furbetti dell’aeroportino” non possono presentarsi come il cavaliere bianco che salva l’azienda. Questi stanno cercando di prendersi un’azienda senza debiti, con una flotta, delle rotte ed un prestigio internazionale di primo livello a prezzi di saldo.
Temo che la verità sia diversa. La “cordata” non è mai veramente esistita, è una invenzione del Cavaliere per togliersi di dosso la pesante responsabilità di aver fatto fallire l’accordo con Air France per motivi schifosamente elettoralistici. Oggi si fa presto a buttare la croce addosso ai sindacati, per toglierla dalle proprie spalle, ma la verità è ben diversa ed è davanti agli occhi di tutti: basta volerla vedere.
La trattativa non si è rotta sulla difesa di assurdi privilegi, come si vorrebbe far credere. La trattativa si è rotta (ma è mai veramente cominciata?) sulla difesa dei posti di lavoro, senza i quali non può esistere nessun privilegio. Ed i sindacati ed i lavoratori sanno bene che il primo, l’unico privilegio davvero fondamentale è l’esistenza di un’azienda, di un piano industriale, di un management in grado di guidarla.
E queste non sono questioni che possono essere affrontate con la leggerezza e l’atteggiamento di chi va al bar per fare due chiacchiere con gli amici. Il prendere o lasciare non da un’alternativa: impone una resa senza condizioni, che non affida la responsabilità a chi è chiamato a scegliere, ma la lascia sulle spalle di chi cerca di imporsi.

sabato 13 settembre 2008

Sul DDL sulla prostituzione

Dal PD area welfare ho ricevuto questo documento di commento di alcune associazioni umanitarie sul recente ddl Carfagna sulla prostituzione. Lo trovate seguendo questo link o nella sezione documenti

venerdì 12 settembre 2008

Federalismo fiscale

Sul sito di Sinistra Democratica è stato pubblicato un interessante articolo di Antonio Scala, capogruppo regionale campano di SD, dal titolo Ma questo Federalismo Fiscale è veramente la panacea di tutti i mali?. Per leggerlo seguite questo Link

mercoledì 10 settembre 2008

Ritorno a scrivere

Ritorno a scrivere le mie impressioni dopo una pausa non dovuta alle classiche vacanze agostane, quanto piuttosto ad una serie di domande a cui non riuscivo a dare risposta e, ancora oggi, mi creano dei dubbi su cui vorrei confrontarmi con i lettori di questo blog. Spesso nei dibattiti, negli articoli, sui blog ci si interroga sui motivi che hanno portato alla sconfitta della sinistra nel Paese. Ciascuno, come logico, prova da dare la propria risposta. Ho già espresso la mia opinione: mi sembra più utile interrogarsi sui motivi della vittoria della destra, che non è l’esatto contrario della prima domanda.
Solo interpretando e capendo il modo di pensare “collettivo” può essere possibile cercare risposte che possano essere considerate utili ed efficaci per la soluzione di problemi, bisogni, desideri, aspirazioni di quella parte della popolazione che non vota per convinzione ideale, ma cercando, in buona fede, di migliorare la propria condizione e quella dei propri cari.
Oggi, la destra, sembra rispondere meglio a queste necessità.
La sinistra continua a dare risposte confuse e contraddittorie (come nel caso del Partito Democratico che non riesce ad uscire dalle secche del confronto tra teodem e laici) o ideologiche (nel caso delle altre formazioni), appellandosi ai valori della resistenza e dell’antifascismo.
Sia chiaro, non affermo che questi valori siano sbagliati o, semplicemente, inadeguati. Voglio dire che non basta più enunciarli perché vengano capiti o condivisi dalla gente e soprattutto dai giovani.
Il motivo è semplice: sono, per cause banalmente naturali, sempre meno quelli che se li ricordano o, come me, hanno vissuto in anni sufficientemente vicini a quell’epoca per portarne un ricordo “riflesso” da chi li ha vissuti.
Oggi dobbiamo affidarci alla storia per spiegare quei valori: solo dieci anni fa le dichiarazioni di Alemanno o La Russa avrebbero provocato ben altra indignazione e protesta di quelle registrate oggi.
Ed allora il valore dell’istruzione, e quindi della scuola, riveste un ruolo decisivo. La destra lo ha capito, per questo, dopo i tentativi di Moratti, seguono a ruota quelli di Gelmini per arrivare alla definitiva “normalizzazione” della scuola italiana.
Che cosa è il maestro unico (al di là della impossibilità di applicazione per motivi aritmetici, a meno di aumentare di una decina di ore l’orario settimanale dei maestri e delle maestre del tempo pieno) se non il tentativo di avere un controllo più stringente sull’insegnamento?
Che cosa è la reintroduzione dei voti, del grembiulino, del sette in condotta se non una volontà di cancellare i residui contenuti democratici della nostra scuola e il reinserimento della selezione, della competitività, della disciplina, così care alla scuola presessantotto?
Esiste una parola per descrivere tutto questo: restaurazione.
Su questa partita si giocherà il futuro del nostro Paese, perché se passerà questo tentativo, il prossimo sarà il revisionismo (ma lo chiameranno aggiornamento) dei programmi, volti a mettere sullo stesso piano i combattenti partigiani ed i repubblichini di Salò, nel nome del rispetto per chi ha dato la vita per le proprie idee. Ma attenzione, una cosa è il rispetto doveroso per una vita stroncata, un’altra è un giudizio morale sulla storia. I due piani non possono e non debbono essere confusi.

venerdì 1 agosto 2008

Caro amico ti scrivo

Il testo di una canzone che volesse descrivere l’Italia di oggi sarebbe più o meno allarmante di quello di Lucio Dalla?
Certamente avremmo anche noi i sacchi di sabbia davanti alle finestre, visto lo stato di emergenza nazionale proclamato dal Governo contro l’immigrazione clandestina e l’uso dei soldati a tutela dell’ordine pubblico.
Il mio professore di lettere delle superiori raccontava spesso che Churchill, durante i bombardamenti tedeschi con le V2, aveva fatto risalire il Tamigi da due vecchie cannoniere che, assolutamente inutili contro i missili nazisti, mostravano però alla terrorizzata popolazione londinese che il Governo stava prendendo provvedimenti.
Non ho mai approfondito la veridicità dell’aneddoto, ma mi pare si attagli ottimamente all’attività di Berlusconi. Annunci di mirabolanti interventi che, però, sono i classici pannicelli caldi, mentre i drammi si consumano, disumani, uno dopo l’altro davanti alle nostre coste, e gli sbarchi continuano numerosi e inarrestabili.
Stato di emergenza nazionale? E che significa? Saremo chiamati a donare le fedi nuziali allo Stato? Saremo richiamati alle armi contro l’odioso e odiato nemico? Sarà imposto quanto prima il coprifuoco con l’obbligo di passare le serate a vedere il fedele Fede (un nome, un destino!) che ci illustra il luminoso futuro che attende la Patria sotto la “SUA” illuminata guida?
E lo schieramento dell’esercito? Ma non sarebbe stato meglio non tagliare i fondi a Polizia e Carabinieri che non possono neppure comprare la benzina per le autopattuglie?
Per non parlare dei temi economici: ricordate le mirabolanti promesse di salvataggio dell’Alitalia, sotto elezioni, che disegnavano ancora una volta Berlusconi come salvatore della Patria?
Ecco il risultato: oltre cinquemila esuberi, il lancio di una newco e la creazione di una bad company destinata al fallimento, che, al di là delle mirabolanti parole inglesi, significa semplicemente un regalo a Tatò e l’offerta su un piatto d’argento di attività, rotte, passeggeri ai soliti noti del capitalismo italiano e, per il resto, l’italico “paga Pantalone”, cioè i cittadini che, magari, mai hanno preso un aereo in vita loro. Ma non sarebbe stato enormemente più conveniente per l’Italia, i lavoratori, i contribuenti non ostacolare il progetto Air France?
Ma, ahimè, è sui grandi temi etici che bisogna preoccuparsi e prepararsi al peggio.
Non mi stupisco, infatti, della presa di posizione della destra sulla sentenza della Cassazione sul caso di Eluana, la ragazza in come da ormai sedici anni. Anche questo può essere letto come un tentativo di condizionare la Magistratura, ma mi stupisco, anzi no, mi preoccupo, di più, mi indigno per la presa di posizione del PD, anzi l’assenza di posizione del PD!
Ma come si fa, su un tema così delicato, a non essere capaci di prendere una decisione, anche a rischio di spaccarsi!
Come può un partito che vuole essere di massa ad essere così ipocrita su questioni di tale portata.
E se domani al o alla benpensante di turno venisse in mente, che ne so, una moratoria sulla 194, il PD che fa, un seminario sulla coltivazione dei mitili nel golfo della Spezia?
Credo che un popolo abbia il diritto sacrosanto di sapere come la pensa chi pretende di rappresentarlo in Parlamento su etica e laicità e nessuno sconto è possibile.
Da questo punto di vista è più coerente e chiara la posizione del PDL. Non la condivido, ma è più chiara.
Ahimè, si sente sempre di più la mancanza di una forza riformista e laica, e mai come oggi sento che il nome che ho voluto dare a questo mio blog sia attuale.
Se di socialismo e comunismo, per motivi diversi, non si può più parlare nel nostro paese, dobbiamo comunque rivendicare che vengano coniugate politiche sociali e diritti individuali, meriti e bisogni, diritti e doveri, sicurezza e dignità delle persone, laicità e tutela di tutte le convinzioni etiche, culturali, religiose.
E’ possibile, altri l’hanno fatto e lo stanno facendo, il laburismo è presente e praticato in varie nazioni, vicine e lontane da noi, partiti laburisti governano, altri sono all’opposizione com’è giusto che sia nelle democrazie. Ma i nostri Partiti, la nostra classe politica non ne sono capaci, non sanno o non vogliono.
Spero che Lucio Dalla non se l’avrà a male se ho usato il titolo di una sua celebre canzone per questo post, ma vorrei che tutti fossimo impegnati per poter vivere in un Paese dove anche i preti potessero sposarsi, ma, soprattutto, dove anche i muti, quelli senza audience, senza potere, senza strutture potessero parlare.

martedì 22 luglio 2008

Ho fatto un sogno

“Ho fatto un sogno”. Con queste parole Martin Luther King dava forza ad un celebre discorso contro la discriminazione razziale nel suo Paese.
“Siamo fatti di quella materia di cui sono fatti i sogni” scriveva invece William Shakespeare ne “La Tempesta”.
E’ nel sogno che i desideri, le volontà di cambiamento, le emozioni, gli ideali si vivono nella loro interezza perché non condizionati dalla realtà di tutti i giorni.
In un sogno è possibile realizzare ciò che nella vita reale è impossibile, ed allora anche io mi sono rifugiato in un sogno ed ho visto una società ideale nella quale un Ministro della Repubblica che alza il dito medio contro il proprio inno nazionale (non importa che sia bello o brutto, è comunque il simbolo della nostra unità nazionale; è un simbolo nel nome del quale, da un lato molti nostri giovani sono morti per difendere il loro Paese, e dall’altro ci commuove quando suona in occasione di grandi imprese sportive; è un simbolo in cui tutti ci riconosciamo) non dico che abbia la dignità di dimettersi (neanche i sogni possono tanto), ma almeno che si vergogni!
Non voglio neppure entrare nel merito delle sue dichiarazioni sugli insegnanti meridionali, tanto sono grezze, ignoranti e volgari.
Ma c’è un aspetto che voglio invece sottolineare.
Questo governo sta fomentando una cultura dell’odio che potrebbe avere conseguenze drammatiche, ed i cui effetti cominciano già a delinearsi: dall’uccisione del ragazzo a Verona, reo di aver negato una sigaretta ad un gruppo di balordi neonazisti, ai pestaggi degli extracomunitari, alle aggressioni ai campi nomadi.
Non sottovalutiamo questo aspetto: lo sterminio degli ebrei è cominciato così, compresa la schedatura, evidentemente effettuata solo a fini di conoscenza e di protezione (ma non vi sembra di sentire parlare Maroni?).
L’odio è anche il sentimento che sta alla base delle attenzioni che il ministro Brunetta dedica ai dipendenti pubblici, additati al pubblico ludibrio come nullafacenti, assenteisti, inefficienti.
Ed anche la querelle sulla giustizia, oltre le necessità del premier di difendersi dai processi a suo carico, nasconde un odio profondo nei confronti di chi è deputato a far rispettare le regole di convivenza democratica.
Si potrebbe continuare perché, evidentemente, c’è nel Governo e non solo, un concetto di casta così radicato che arriva a pensare che (è solo un esempio, per carità) se una delle alte cariche dello stato uccide l’amante, violenta un bambino, o ruba la Gioconda per farci dei coriandoli a carnevale non possa essere processato.
Per far passare questi assurdi provvedimenti si tenta di dividere e di mettere le parti una contro l’altra per giustificarli con la necessità di difendersi. I politici contro i magistrati, gli statali contro i lavoratori autonomi, i sani contro i malati, i settentrionali contro i meridionali, i cattolici contro i mussulmani, gli italiani contro gli stranieri.
E sì, il sogno non era vedere sulle guance di Bossi il velo rosso della vergogna. E’ quello di poter vivere in un Paese normale, unito, solidale.

giovedì 17 luglio 2008

Politica e Antipolitica

Ieri sera, spinto dal sacro fuoco della conoscenza e della curiosità, sono andato in Sala Rossa del Comune per assistere alla presentazione del libro di Ferruccio Sansa e Marco Preve “Il partito del cemento” che, come ormai noto anche ai liguri più distratti, conduce un’inchiesta giornalistica sulle “presunte” speculazioni edilizie nella nostra regione.
Ma, ahimè, la mia curiosità non è stata soddisfatta per un motivo molto banale: c’era così tanta gente che era praticamente impossibile entrare in una sala gremitissima e stracolma di uomini e donne, di ogni estrazione politica, sociale e di età. Anche avvicinarsi alle porte era un’impresa titanica per la calca di persone ammassate che tentavano di rubare qualche parola dei relatori.
Altrettante sono state le persone che, come me, vista l’impossibilità di assistere, è andata via.
Non riferirò, quindi, in questo post, del merito dell’inchiesta; mi riservo di farlo, eventualmente, dopo la lettura del libro, ma voglio comunque fare alcune riflessioni, proprio partendo dall’afflusso di persone.
Quello che mi ha colpito, e non è la prima volta, è la voglia della gente di partecipare.
Troppo spesso si sente dire, soprattutto da parte di esponenti politici di sinistra (ahimè), che la gente non ha più voglia di contare, che la televisione la fa ormai da padrone, che siamo in una fase di pieno riflusso, mentre, al contrario, le piazze si riempiono, e sono per questo demonizzate e bollate di antipoliticità, i convegni sono partecipati in maniera straordinaria, la gente, per strada, parla e si confronta sui temi politici.
Un dato accomuna questa partecipazione: è una partecipazione al di fuori dei tradizionali partiti.
Attenzione, al di fuori, non contro.
Nelle sale e nelle piazze, infatti, si incontrano militanti dei vari partiti e movimenti, che si riuniscono per discutere, per ascoltare, per informarsi, fuori dalle liturgie degli organismi.
Non sono un sociologo e non sono in grado di dire perché la partecipazione ha queste caratteristiche. Posso solo azzardare un’ipotesi, partendo dalla mia personale esperienza e dalle mia personali delusioni.
Le persone non hanno più voglia dei riti della politica, vogliono una partecipazione libera;
non vogliono essere convinte, vogliono capire;
non vogliono delegare alla nomenclatura, vogliono contare e decidere.
Sono stanche delle discussioni di cui si conosce già la conclusione, decisa nelle segrete stanze del potere (piccolo o grande che sia)
Non è antipolitica, è voglia di una politica diversa, che parta dalle domande e non pretenda di dare sempre e comunque le “proprie” risposte.
Una politica che ascolti i bisogni veri delle persone.
Una politica fatta per e con i cittadini e non per e con i dirigenti di partito.
Una politica pulita, sana, che si ponga, come dovrebbe essere, al servizio della collettività e non pretenda, al contrario, che la collettività sia al proprio servizio.
Una politica che venga considerata un mezzo per risolvere i problemi ed i conflitti di una società complessa come la nostra e non un fine per affermare il potere dei partiti.

mercoledì 9 luglio 2008

Barzellette e politica

E così, come forse facilmente prevedibile, tutti a dissociarsi dalle esternazioni di Grillo e della Guzzanti, ma neppure una parola sul significato politico che, in tutta Italia, hanno portato a manifestare parecchie decine di migliaia di persone contro lo scempio che il Governo sta perpetrando contro la giustizia di questo Paese.
E’ evidente che si punta l’attenzione sul dito per nascondere la luna che c’è dietro.
Certamente improvvide sono state le dichiarazioni dei due comici, ma appunto, sono comici. Il loro mestiere è fare ridere e non disegnare scenari o programmi politici. E chissà perché quando Bossi lancia le sue sbruffonate sulla discesa su Roma in armi del glorioso popolo padano si tratta solo dei vaneggiamenti di “uno fatto così”, mentre se la Guzzanti se la prende col Papa, allora è la manifestazione di piazza che è sbagliata.
La realtà, per come la vedo io, è che una buona parte del popolo italiano non vuole questa deriva antidemocratica che Berlusconi sta imponendo al Paese, forte di una maggioranza parlamentare che gli permette qualsiasi cosa e di una opposizione che più grigia non si può.
In effetti stiamo assistendo alla distruzione delle colonne su cui si regge tutta la nostra democrazia: dall’autonomia ed indipendenza dei poteri, alla libertà di stampa, all’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.Non si tratta solo (e già sarebbe di una gravità estrema) di difendere il Cavaliere dai processi contro di lui. E’ in gioco la struttura democratica di questo Paese. Certo, ancora si vota e si voterà, ma con regole drogate e falsate dal controllo dei mezzi di comunicazione, dall’impunità dei potenti qualunque cosa abbiano commesso, commettano o commetteranno e senza che tutto ciò si venga a sapere, vista la mordacchia che si sta cercando di mettere ai giornali ed alle indagini.
Grillo ha un bel mandare a fan… tutti quanti, invitando a lasciare questo Paese, ma ahimè, non tutti hanno guadagnato miliardi con queste invettive ed ho il “sospetto” che molti italiani non possano o non vogliano lasciare il loro Paese. Ed allora è qui ed adesso che bisogna intervenire, denunciando i tentativi berlusconiani ovunque, nei bar, sugli autobus, sotto gli ombrelloni per tentare di far cadere la cortina dagli occhi di chi ha visto nella nostra destra squallida una scorciatoia per la soluzione dei loro problemi quotidiani.
Cercando però di arginare un rischio: che si confonda la giustizia col giustizialismo, come temo stia facendo Di Pietro (oggi, ahimè, l’unica opposizione parlamentare del Paese). Non sempre e non a tutti i costi i giudici hanno ragione e la magistratura ha comunque bisogno di riforme e di una iniezione potente di efficienza. Non è tollerabile che un numero così alto di reati anche gravi cada in prescrizione o che boss mafiosi vengano messi in libertà per l’ignavia di chi dovrebbe condurre le indagini o stilare le motivazioni di una sentenza.
Questo aspetto è, per assurdo, l’arma più potente di Berlusconi e dei suoi numerosi avvocati. Da un lato si sfruttano tutti i cavilli per perdere tempo ed avvicinarsi alla tanto agognata prescrizione e, dall’altro, si espone al ludibrio la Magistratura tutta (anche la parte sana, quella che rischia la vita ogni giorno per fare il proprio dovere) denunciando la sua inefficienza e la sua lentezza, convincendo la gente che di riforme c’è bisogno, senza poi stare a guardare se il codicillo, immerso in una marea di altri provvedimenti, per lo più inutili o insignificanti, quando non controproducenti, permette al premier di salvarsi dalle condanne.
Questa è la situazione che abbiamo davanti ed è solo con l’attenta vigilanza di tutti, col costante impegno, con il coinvolgimento diretto di ciascuno che potrà, forse, essere possibile fermare lo tsunami che ci sta travolgendo tutti, consapevoli che, per motivi diversi, che non voglio qui esaminare, la stagione della delega ai partiti è finita e che, sui diritti, si sta giocando la battaglia più importante per la nostra democrazia.
Dal dopoguerra ad oggi gli italiani hanno saputo scendere in campo direttamente e più volte (penso alla battaglia per il divorzio, a quella per l’aborto, alle leggi a tutela del lavoro), e sempre hanno raggiunto dei risultati forse addirittura al di à delle loro stesse aspettative. La manifestazione di ieri ha dimostrato che questa anima c’è ancora. E’ nostro dovere coltivarla e farla crescere. Sarà nostra responsabilità non riuscirci.