giovedì 26 febbraio 2009

Re Silvio IV è stalinista?

C'è un unico filo conduttore che lega gli ultimi provvedimenti di questo infausto governo.

E' un filo conduttore che trascende dal merito di leggi, decreti e disegni di legge e che, invece, attiene alla visione dello stato e della democrazia.

Dal testamento biologico, al recente accordo fra Francia e Italia sull'energia nucleare, dalla legge Brunetta sulla pubblica amministrazione, alla modifica del diritto di sciopero, fino alle previsioni anticrisi ed alla emissione dei Tremonti-bond, meglio ribattezzati come tremendi-bond, questi provvedimenti puntano tutti ad una forte centralizzazione dello stato, ad una sua presenza ossessiva ed ossessionante nella vita delle persone, ad una distruzione della politica partecipata e del concetto stesso di democrazia.

Perfino il Parlamento non resta immune da questo virus. Il continuo ricorso ai decreti legge, anche per provvedimenti che nulla hanno di urgente ne è un chiaro indice.

Re Silvio IV sta tentando in tutti i modi di trasformare l'Italia in un'azienda, di cui, ovviamente, lui è il padrone.

E' lo stato che decide se e quando una persona debba essere alimentata, anche contro la sua volontà; alla produzione decentrata di energia attraverso lo sviluppo delle energie alternative e rinnovabili si preferisce la costruzione di grandi centrali atomiche (non importa se più pericolose e costose); si torna alle leggine per regolamentare il lavoro nella pubblica amministrazione, con buona pace delle relazioni sindacali; è lo stato che entra pesantemente nel capitale delle banche, oggi per sostenerle, domani chissà.

Ed è strano che questo atteggiamento abbia l'appoggio della Lega che non fa mistero del suo odio verso lo stato centrale, ma forse questo è il prezzo da pagare per avere in cambio l'unico provvedimento che non va in questa direzione: le ronde, che altro non sono se non una forte critica nei confronti delle forze dell'ordine che, evidentemente, per i leghisti, non sono in grado di svolgere i loro compiti istituzionali (forse se il governo desse a polizia e carabinieri i soldi per fare il pieno alle auto il loro lavoro sarebbe facilitato, ma lasciamo perdere).

Tutto questo mentre, in ogni occasione, Berlusconi ed i suoi lacchè si scagliano contro lo statalismo, la conservazione, il rifiuto della modernità e l'immobilismo antiriformista.

Lo stato a cui invece punta è uno stato molto centralizzato, verticistico, con in cima un uomo forte che decide per tutti.

Con queste premesse non saprei se definire Re Silvio IV uno stalinista o un fascista.

In entrambi i casi mi fa paura e vorrei in Italia un'opposizione che vedesse questi pericoli e li denunciasse con forza, mobilitando la gente, riempiendo le piazze, utilizzando tutte le armi democratiche a disposizione per fermare questa deriva, ma, ahimè, il maggior partito di opposizione si arrotola sulle sue divisioni e, anziché riempire le piazze, preferisce riempire i salotti televisivi.

giovedì 19 febbraio 2009

Per sedurre una donna (o un uomo) vi guardate l’ombelico?

Certamente, nella seduzione, è importante come ci si presenta: puliti, eleganti, spigliati. Ma credo che, per consolidare la conquista sia fondamentale come si è davvero, che cosa si offre all'altro/a.

Questo è ancora più vero nel caso dei partiti politici, che debbono conquistare consensi e, con la loro politica, con le loro proposte, con i propri ideali, conservarli per le tornate elettorali successive.

E quando si perde consensi, o questi sono inferiori alle aspettative sarebbe logico aspettarsi che il partito in questione si ponga delle domande, approfondisca i motivi della disaffezione.

Ho sempre sostenuto che i problemi del Partito Democratico non fossero tutti ascrivibili alla responsabilità della leadership di Veltroni, ma andassero ricercati nel suo essere: la sua ideologia, la sua linea politica, il suo modo di fare opposizione in Parlamento e nel Paese. Ed è, a mio modo di vedere stupefacente, osservare le prime reazioni alle dimissioni del leader. Tutti a guardarsi dentro, riaffermando in modo pervicace che "indietro non si torna", senza comprendere che, così, non solo non si torna indietro, ma non si fa un passo avanti.

Se i consensi che finora è riuscito a catalizzare il PD non sono adeguati al grande progetto riformista e di cambiamento che avrebbe dovuto essere alla base della sua costituzione, i motivi vanno ricercati in ciò che dicono coloro i quali potrebbero dare questo consenso, ma non lo fanno. Non ho l'ambizione di rappresentare un "caso simbolo", ma confrontandomi con tante altre persone, anche attraverso questo blog, mi pare che le mie critiche siano quelle di un gran numero di potenziali elettori: scarsa incisività nell'opposizione, assenza di una linea politica sui grandi temi etici, tiepidezze e confusioni sulla collocazione internazionale in vista delle europee.

Rifiutare di guardare fuori di sé, ostinandosi a "guardare il proprio ombelico", rischia di riprodurre gli stessi errori che il PD ha commesso finora e che lo ha portato ad inanellare una sconfitta dopo l'altra. Esiste una vasta area di persone che vorrebbero un grande partito riformista e laico nel nostro Paese. E questo partito non è il Partito Democratico, bloccato com'è dai veti dei Teodem, dall'assenza allarmante di una visione laica dello Stato.

Non so se "tornare indietro" sia la strada giusta, ma sono sicuro che, se il PD vorrà parlare anche a quella parte della società che crede in una politica riformista, internazionalista, laica, aperta alle novità che vengono dalla società e dalla scienza, che rivendicano il riconoscimento dei diritti delle persone dovrà liberarsi dai "lacci e lacciuoli" che oggi gli impediscono di aprirsi, costringendolo a cercare dentro di sé quelle risposte che, invece, sono nella società.

martedì 17 febbraio 2009

Il nudista e la camicia

E così, dopo l'Abbruzzo, anche la Sardegna è caduta nella rete berlusconiana. Ma se per l'Abbruzzo le motivazioni potevano essere ricercate in un sussulto di legalità dell'elettorato, visti i guai di Ottaviano Del Turco, per la Sardegna le motivazioni (e le responsabilità) vanno ricercate altrove.

Non nel candidato, di primo livello, che ha ottenuto ben cinque punti più della sua coalizione e non nell'elettorato, che ha dimostrato di saper giudicare e scegliere di conseguenza, ma tutte nella politica del Partito Democratico.

Dopo aver messo in crisi la giunta regionale, non si è speso a sostegno del suo candidato, lasciato in pasto ai lupi e, mentre Berlusconi ha girato in lungo ed in largo la Sardegna, il PD continuava nell'inutile litania del confronto regionale, senza ricadute sulle politiche nazionali.

Temo, anzi sono ormai sicuro, che le motivazioni siano ancora più profonde: è il concetto stesso di PD che non sta in piedi. Il povero Veltroni ha dimostrato ormai tutte le sue incapacità e le sue vacuità politiche, ma non credo che con il Bersani di turno la situazione sarebbe molto diversa. Se non si risolvono i nodi di fondo, non si farà un passo avanti ed il centrodestra continuerà, giustamente, a trionfare in ogni occasione. Il prossimo appuntamento delle europee e, per quanto riguarda il nostro territorio, le provinciali savonesi, saranno l'ennesimo bagno di sangue del centrosinistra. A nulla varranno i programmi, le alleanze, i candidati se il principale partito della coalizione continuerà a perdere il 10% dei consensi ad ogni tornata elettorale.

Del resto perché bisognerebbe votare per il PD? Non se ne conosce la collocazione internazionale, la politica, il livello di indipendenza dalle gerarchie ecclesiali. Si sfiora il ridicolo nel sentire Veltroni affermare che, sul testamento biologico, il PD non cambia linea! E' come affermare che un nudista non cambia la camicia! L'unico motivo per votare PD sarebbe un voto "contro" la destra e Berlusconi. Ma questo ruolo lo sta svolgendo, ahimè, molto meglio Di Pietro, che, infatti, viene premiato in ogni occasione dagli elettori.

Sarebbe auspicabile, e, sono convinto, anche apprezzato dalla gente, un approfondimento vero, fuori dalle liturgie e dalla nomenclatura, sull'opportunità di ostinarsi a considerare il PD un passo definitivo della politica italiana. Recuperare una identità certa e visibile, per consentire ai cattolici democratici di riconoscersi in un partito dalla chiara vocazione ed ai laici di trovare una casa, che oggi non hanno. Dire basta con i corteggiamenti al centrodestra, recuperare un ruolo vero di opposizione e lavorare, con altri e nuovi dirigenti, alla costruzione di un nuovo centro sinistra.

venerdì 6 febbraio 2009

Ho scritto al Presidente Napolitano

Illustrissimo Signor Presidente,

Sto seriamente pensando di emigrare, lasciando il mio Paese.

Sto seriamente pensandoci perché il Paese che vedo tutti i giorni non è più quello in cui sono nato, sessant'anni fa, dove è nata mia moglie, dove sono nati i miei figli.

E, soprattutto, non è quello in cui vorrei che i miei figli crescessero e diventassero adulti.

Quello che accade tutti i giorni, sotto i nostri occhi stupiti, sembrano essere i segnali di una involuzione politica e democratica allarmante.

Il Parlamento non è più luogo di mediazione politica, ma una semplice palestra ove mostrare i muscoli e dove ratificare le decisioni del Governo; decisioni, ahimè, sempre più lontane dalla cultura democratica, pluralista, antifascista che ha fatto del nostro Paese una grande potenza mondiale, sia in campo economico che sociale.

Sembrano distanti i tempi in cui l'Italia era all'avanguardia per le conquiste sociali e la difesa dei più deboli. In cui vigeva il rispetto per le Istituzioni e la divisione dei poteri, cardine di qualsiasi democrazia avanzata.

Alla cultura dell'accoglienza si sta sostituendo quella dell'esclusione. A quella della solidarietà quella dell'odio.

E fa specie vedere che proprio quelli che più gridano per rivendicare un malinteso "rispetto della vita", sono proprio coloro i quali, nei fatti, la rispettano di meno, rendendo più difficile e doloroso un percorso che, al di là delle convinzioni di ciascuno, è stato comunque sancito da numerose sentenze e nei vari gradi di giudizio.

Persino la Sua autorevole presa di posizione, Signor Presidente, ha lasciato indifferenti i nostri governanti che, a seconda della convenienza, ascoltano ora l'uno, ora l'altro appello, facendosene scudo.

Il Presidente della Repubblica, correttamente e nel pieno rispetto delle Sue prerogative costituzionali, fa presente l'inopportunità di una decretazione d'urgenza nel caso Englaro e si rifiuta di firmare il decreto legge? Ma che importa, i Vescovi la pensano diversamente. I vescovi denunciano l'inumanità degli odiosi provvedimenti a carico dei cittadini stranieri? Che importa, il sondaggio fatto da chi non si sa chi e non si sa dove, dice che la strada giusta è quella del razzismo, delle ronde, della persecuzione dei deboli.

Dove arriveremo, Signor Presidente?

A quando, in base all'ennesimo sondaggio fatto il giorno dopo un efferato fatto di sangue, si introdurrà la pena di morte? Quando sarà consentito di circolare armati come nel far west cinematografico? Quando sarà consentito di licenziare i malati o le donne in gravidanza, quanto tempo servirà per distruggere tutto ciò in cui abbiamo creduto e per cui abbiamo lottato?

Sono convinto che, dall'alto della Sua storia, la Sua alta statura morale, le Sue profonde convinzioni democratiche, Lei, Signor Presidente, stia con preoccupazione ed angoscia assistendo a ciò che avviene nel Paese.

E quindi non credo di essere una cassandra che prevede solo disgrazie e calamità ad avere questi timori e se mi sono permesso di rivolgermi direttamente a Lei, Signor Presidente, è per esprimerLe la mia piena solidarietà e perché vedo solo in Lei la speranza che questa terribile involuzione possa arrestarsi. Solo un Suo fermo intervento, Signor Presidente, può arrestare questa deriva. Solo in Lei, Signor Presidente, risiede la speranza di tante persone, italiane e no, che questo Paese possa rimettersi in cammino per realizzare il sogno democratico dei padri fondatori della Repubblica, che, attraverso la guerra di liberazione prima e la Costituzione poi, posero le basi della nostra democrazia.

Soltanto in Lei confidano i milioni di cittadini che, come me, rifiutano di vivere in un Paese razzista, antidemocratico, non solidale.

Siamo con Lei, ci dia la forza e la volontà di continuare a considerarci Italiani e di esserne orgogliosi.

Con Osservanza