venerdì 31 ottobre 2008

Avrei voluto

Avrei voluto scrivere della bella manifestazione di ieri, tra musica, balli, slogan misurati e tanta, tanta gente: ragazzi e ragazze, bambini, anziani, tutti insieme a manifestare contro una legge cretina che mina la scuola pubblica alle fondamenta, ma poi ho letto su Repubblica di ieri, l'articolo di Curzio Maltese, che riproduco fedelmente, ed allora mi è venuta tristezza e preoccupazione. Il ricordo tragico del G8 di Genova (presidente del consiglio Silvio Berlusconi, Ministro dell'interno l'imperiese Claudio Scajola) mi è piombato addosso, togliendomi la voglia di ridere e scherzare.
Gli eventi dell'altro giorno, se le cose riportate sono vere (ma non credo possano esserci dubbi), segnano un discrimine. Fino all'altro ieri potevamo illuderci di vivere in un Paese democratico... da oggi, ahimè, non più.


Caschi, passamontagna e bastoni.
E quando passa Cossiga un anziano docente urla: "Contento ora?"

Un camion carico di spranghe e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti

di CURZIO MALTESE


Gli scontri di ieri a Roma
AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!". Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!". L'altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo".
(30 ottobre 2008)

mercoledì 29 ottobre 2008

30 Ottobre


Questo blog aderisce alla manifestazione del 30 ottobre contro l'approvazione del decreto Gelmini. Per sostenere tutto il personale della scuola e gli studenti tutti in Piazza Sisto a partire dalle 8.30

sabato 25 ottobre 2008

Le Konfessioni d’un italiano

Eccoli, finalmente sono arrivati, era un po' che li aspettavamo, ne sentivamo la mancanza. Quel dolore quasi fisico legato all'assenza di qualcuno che aspetti con ansia, e non arriva.

Ma come tutte le belle storie, alla fine la nostra ansia si è sciolta in un sospiro, sono arrivati.

Chi?

Ma come chi: i facinorosi, i mestatori, i terroristi che, in piccolo manipolo, impediscono agli studenti, all'eccessivo personale di supporto, ai troppi insegnanti di ogni ordine e grado, ai troppi presidi, ai troppi rettori delle troppe Università di andare nelle troppe scuole italiane a seminare e a raccogliere cultura.

Di fronte all'ampiezza della protesta che sta travolgendo la scuola italiana, tale da far pensare, a quarant'anni esatti, ad un ritorno del 1968, il nostro premier riscopre, in una con la nostra Maria Stella, uno dei ministri più amati della storia repubblicana, la storia trita dei facinorosi, delle sparute minoranze e via di seguito con la logora paccottiglia di chi non accetta che qualcuno (l'intero Paese a quanto pare) la pensi in maniera diversa da lui.

Ma questa volta c'è un elemento in più. E non è un elemento da poco.

Credo che i media italiani abbiano dato un insufficiente risalto ad una intervista rilasciata dal Senatore a vita, Presidente emerito e già Ministro dell'interno ai tempi del 1977, Francesco Cossiga, novello Carlino Altoviti, ai quotidiani del gruppo La Nazione, Giorno, Il resto del Carlino, il 23 ottobre, su come, di fronte a simili accadimenti, un ministro democratico ed illuminato dovrebbe comportarsi. Per chi se la fosse persa ne pubblico qui uno stralcio. Non credo serva commentarla.

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Ma credete che Cossiga, anzi Kossiga, si sia limitato a prendersela solo con gli studenti? Leggete qui:

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere?

«In Italia torna il fascismo, direbbero. Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

lunedì 20 ottobre 2008

Vittorio

Ciao, Vittorio.
Sentiremo la Tua mancanza.

Indovina chi viene a cena

Sono indignato. E non riesco a rassegnarmi.
Ho sempre più spesso la spiacevole sensazione che il nostro Paese stia assurgendo al rango di “laboratorio” per un nuovo modo di governo delle masse. Non il 1984 di Orwell, ma qualcosa di peggiore ed inquietante. Non basta più, infatti, rivedere i valori di democrazia e libertà della nostra storia nata dalla guerra di liberazione, mettendo sullo stesso piano i combattenti partigiani con i repubblichini di Salò. Oggi si vuole condizionare il modo di leggere il presente. Ed il futuro.
E lo si fa nel peggiore dei modi: seminando odio e paura.
I mezzi di informazione (notoriamente indipendenti e sempre pronti a denunciare i guasti del governo!) non fanno che sottolineare la pericolosità delle nostre città, delle nostre strade, dipingendo un Paese nelle mani della criminalità diffusa, (mettendo magari da parte quella organizzata), soprattutto quando i piccoli reati sono commessi da non italiani, dimenticando che le statistiche dimostrano come l’Italia sia un paese tutto sommato tranquillo, o comunque in linea con i paesi cosiddetti civili.
Ricordo, da bambino appena arrivato al Nord dalla natia Sicilia, il dolore che mi dava leggere le notizie di furti o rapine commessi da “Tizio, siciliano”, quasi a sottolineare che la provenienza geografica, in qualche modo a me ignoto, aggravasse o provocasse il reato. Ed oggi anche un incidente stradale in cui sia coinvolto un romeno, o un albanese, sembra più grave di quello commesso da un bergamasco o un imperiese.
Perfino l’aumento della partecipazione della Libia nel capitale Unicredito viene dipinta in modo inquietante, dimenticando la partecipazione libica al capitale Fiat, o la presenza di capitali stranieri in pressoché tutte le attività economiche italiane di un certo rilievo.
Ma una cosa ostacola il diffondersi dell’odio razziale: i giochi dei bambini, i loro sorrisi innocenti, le classi ormai sempre più multiculturali e multietniche. Ed allora ecco le classi ponte. La divisione, la ghettizzazione del diverso, l’emarginazione.
Bisogna evidentemente impedire che, domani, una figlia bianca, cattolica, porti a cena dai genitori un amico nero, e mussulmano, come nel celebre film che da il titolo a questo post.
Nel momento in cui la più grande potenza mondiale (o quello che ne resta dopo la cura Bush) potrebbe eleggere come proprio presidente un nero (Dacci dentro Obama, vinci anche per darci una speranza!), noi discutiamo di separare i bambini stranieri da quelli italiani, di obbligare i medici del pronto soccorso a denunciare le persone non in regola col permesso di soggiorno che ricorrono alle loro cure, ad impedire con tutti i mezzi la costruzione di luoghi di culto per altre religioni che non siano quella cattolica, e non per questioni di fede (che già sarebbe odioso), ma solo perché i mussulmani, nella stragrande maggioranza, non hanno diritto di voto!
A tutto questo si aggiungano i tagli agli investimenti per la scuola (ma perché si continua a definire riforma quello che è solo un’operazione contabile?) ed il quadro è completo.
L’istruzione pubblica, diffusa ed uguale per tutti, ridimensionata. La cultura offesa, piegata agli interessi dei potenti. La capacità di critica annullata, in nome della diffusione di un pensiero unico.
E l’affermazione definitiva della televisione, vero e solo “maestro unico” della società che, con la paura e l’odio, ci stiamo apprestando a costruire e a vivere!

martedì 14 ottobre 2008

Ci vorrebbe un amico

Alla fine c’è voluto un laburista per indicare la strada corretta per uscire dal vortice perverso in cui le borse di tutto il mondo erano crollate, a seguito della crisi dei mutui subprime americani.
Non credo che la crisi sia definitivamente superata, ma certamente si è almeno dato uno stop al panico sui mercati. Il piano di salvataggio voluto fortemente da Gordon Brown si è rivelato, finora, efficace per ridare quel po’ di fiducia agli investitori ed alle banche.
Oggi i mercati sanno che, dovunque siano annidati i titoli avvelenati, i Governi interverranno per porre un limite alle crisi, superando così il limite principale del piano Paulson (vedi il mio precedente post), peraltro ripudiato dallo stesso estensore, che ha acceduto alle richieste dei democratici americani di utilizzare i fondi stanziati dal Congresso non per acquistare i titoli, ma per rifinanziare le banche in difficoltà.
Il piano di Berlusconi e Sarkozy (le teste pensanti del liberismo europeo!) è stato accantonato dall’Europa, giustamente, visto che era una scopiazzatura di quello, già rivelatosi inefficace, degli Usa.
I già citati Berlusconi e Sarkozy, in una con l'ultra liberista Merkel, hanno dovuto accodarsi al laburismo di Gordon Brown, che ha dimostrato, dopo le critiche di grigiore ed understatement del suo mandato, di avere la statura di leader europeo.
Quello che continua a deludere (e per certi versi a sorprendere) è il nostro beneamato Berlusconi.
Appena capitalizzata una sconfitta in Europa sul suo piano che fa, il nostro?
Vola in America, disertando un fondamentale consiglio dei ministri, in nome dell’apparire a scapito del fare e che dice all’”amico Bush”?
Che il ruolo degli Usa è stato fondamentale per superare la crisi (mentre, a dire il vero, è stato fondamentale per la sua esplosione e, subito dopo il piano Paulson, per il suo aggravamento);
Che l’amicizia degli italiani con gli Usa non sarebbe mai venuta meno perché sono stati salvati dal fascismo, dal nazismo e dal comunismo (non mi risulta che ci sia stato un golpe comunista in Italia, mentre mi pare che un ruolo fondamentale per la conquista della democrazia in Italia sia stato svolto dalla guerra partigiana, mentre è evidente in compagnia di chi, il cavaliere, sia al governo in Italia);
Che l’”amico George” sarebbe stato ricordato addirittura dalla storia come un ottimo presidente, forse dimenticando la scia di sangue che il suo mandato si sta portando dietro, ed alla cui megalomania anche il nostro Paese ha dovuto pagare un pesante contributo di vite umane.
Che la crisi finanziaria non ha ripercussioni sull’economia reale, non sapendo, evidentemente, quale aggravio sui bilanci delle famiglie rappresenti l’aumento vertiginoso dell’euribor (dovuto proprio alla crisi di fiducia tra le banche), che provoca e provocherà diminuzione dei consumi, con possibile recessione, cui il suo Governo non sarà capace di far fronte, come ha dimostrato finora.
Fortunatamente l’era di Bush può ormai dirsi tramontata, questa crisi è l’ultimo regalo che la sua amministrazione ha fatto al mondo. La speranza è che il prossimo presidente Usa sia il democratico Obama e che sappia dare una svolta al ruolo del suo Paese nel mondo.
Lasciando a Berlusconi, come unico amico di riferimento quel sant’uomo di Vladimir Putin, anche lui caratterizzatosi per la scia di sangue, guerre e violenza che si porta dietro.
Forse, per il nostro premier, ci vorrebbe un amico che potesse consigliarlo per il meglio, anzicchè offrirgli semplicemente un palcoscenico per le sue uscite da cabarettista mancato.

venerdì 10 ottobre 2008

Senza rete 2

Anche oggi è stata una giornata di passione per le borse mondiali ormai inserite in un vortice che sembra non avere fine. Ogni notizia negativa influenza la giornata successiva che a sua volta…. Così la chiusura negativa delle borse asiatiche provoca il crollo di quelle europee, che produce la discesa di Wall Street, che affonda le borse asiatiche il giorno successivo.
Ormai il panico sembra l’operatore di borsa più gettonato ed è gara al record negativo.
In questa situazione solo una cosa è possibile fare: non fare allarmismo e mantenere la calma.
Ed infatti, almeno in Italia, il Governo si sta dimostrando assolutamente all’altezza della situazione: nel giro di ventiquattro ore, se non ho capito male, il nostro amato premier Berlusconi ha affermato che
non c’era pericolo per le banche italiane,
che bisognava sospendere le contrattazioni di borsa in tutta Europa,
che bisogna comprare Eni ed Enel perché la nostra economia è forte,
che non serve chiudere le borse,
che alcune banche italiane potrebbero aver bisogno di essere ricapitalizzate perché la nostra economia è debole,
che le banche potrebbero chiedere alle piccole e medie aziende di rientrare dalle loro esposizioni col sistema,
ma che no, non lo faranno.
Ma chi gliele consiglia queste uscite: Gargamella? Gatto Silvestro? O sono tutte farina del suo sacco?
Come si fa a stare tranquilli con un primo ministro che, lui per primo, sembra essere preda (se le notizie giornalistiche sono vere, ma certamente le smentirà) della confusione più totale?
Non sono in grado di dire quali siano gli esatti motivi di questa crisi e le vie per uscirne (non sono un premio nobel per l’economia … ancora), ma ho l’impressione che ci sia qualcuno che giochi, e giochi molto, molto sporco. E’ nei periodi di grande turbolenza che spuntano improvvisamente nuovi ricchi, o quelli vecchi incrementano i loro patrimoni incuranti delle ricadute sulle fasce più deboli della società.
Sono infatti queste su cui la crisi si riverserà pesantemente se non saremo in grado di uscirne, e uscirne in fretta.
Mutui insostenibili, credito al consumo (cioè l’acquisto rateale di beni durevoli, come l’automobile, la lavatrice o il frigorifero) dai costi proibitivi saranno solo la punta di un iceberg molto pericoloso.
Chi finanzierà, infatti, lo stato per gli interventi pubblici che questo sarà chiamato a sostenere per il salvataggio di banche ed aziende in crisi? Dove verranno presi i soldi necessari? Sono solo due le risposte possibili: o facendo ricorso a nuova moneta (reale se la crisi sarà europea, virtuale, attraverso l’aumento del debito pubblico se questi interventi dovessero riguardare solo l’Italia), e quindi rischiando una impennata dei prezzi, oppure attraverso la fiscalità generale, o aumentando le tasse (ve lo ricordate il programma di Berlusconi su questo punto?) oppure tagliando i già martoriati servizi pubblici: scuola, sanità, giustizia, sicurezza.
Dimenticavo: dopo l’appello di Berlusconi Enel -8,51% Eni -7,21%. Meditate gente, meditate!

giovedì 9 ottobre 2008

Berlusconi fa vomitare (Sen. P.Guzzanti)

Se a qualcuno dovessere essere sfuggita riporto parte di una dichiarazione del Sen. Paolo Guzzanti del PdL sui rapporti tra Berlusconi e Putin, ripresa da molti giornali e che potete trovare, in versione integrale, sul blog del senatore, a questo indirizzo

ROTTA DI COLLISIONE: LA MIA COSCIENZA MI VIETA DI CONDIVIDERE IL CONNUBIO MORALMENTE INDECENTE, LE PAROLE E I GIUDIZI DI BERLUSCONI SULLA SUA RELAZIONE CON VLADIMIR VLADIMIROVIC PUTIN, L’UOMO ACCUSATO DA LITIVINENKO DI ESSERE IL MANDANTE DEL SUO OMICIDIO. IERI ERANO DUE ANNI DAL GIORNO IN CUI ANNA POLITKOVSKAYA FU ASSASSINATA NEL GIORNO DEL COMPLEANNO DI PUTIN, PER CADEAU. DISAGIO? MOLTO DI PIU’: CONFLITTO DI COSCIENZA, CHE SAREBBE IL CONFLITTO DI INTERESSI DELLE PERSONE PERBENE. IERI ALLA RIUNIONE DEI SUOI DEPUTATI BERLUSCONI HA SUPERATO SE STESSO PARAGONANDO IL PRESIDENTE SAAKARSVILI A SADDAM, SOLTANTO PER REGGERE IL GIOCO DEL BANDITO INTERNAZIONALE. ERA TROPPO. HO VOMITATO.
8 Ottobre 2008
ROMA 8 OTTOBRE 2008


Non faccio commenti

lunedì 6 ottobre 2008

Senza rete

Il Congresso americano ha dato il via, in maniera bi-partisan, al piano Paulson di 700 mld di $, per far fronte alla crisi finanziara che sta sconvolgendo l’economia mondiale.
Nonostante abbia abbandonato da anni gli studi di economia, mi vengono in mente alcune considerazioni, forse banali, anzi sicuramente banali.
Innanzitutto mi sorprende l’ipocrisia dei teorici e dei maghi del liberismo che non perdono occasione, in periodo di vacche grasse, a sostenere come il mercato sia la panacea di tutti i mali ed un qualsiasi intervento pubblico non sarebbe se non un attentato alla libertà di impresa, salvo correre da papà Stato quando il mercato dimostra, in maniera inequivocabile, che, da solo, non è in grado di affrontare i momenti di crisi.
E’ davvero comico ascoltare il nostro beneamato commercialista brianzolo (con tutto il rispetto per tutti i suoi colleghi) in questi giorni, scagliarsi con veemenza contro “i guasti che pvovoca il mevcato”.
Ma è sul merito del piano che, con grande cautela e modestia, vorrei dire qualcosa.
Lo stock dei mutui americani è stimato in circa 11mila miliardi di dollari e i motivi principali della crisi attuale sono da ricercarsi in due questioni: la diminuzione del costo delle abitazioni, che rende economicamente più conveniente non pagare più le rate dei mutui a fronte di un bene svalutato, e l’aumento dei tassi che rende insopportabile il pagamento delle rate da parte di numerose famiglie, in affanno economico.
Il piano Paulson prevede che il Tesoro americano acquisti i cosiddetti “debiti tossici” nel portafoglio delle banche per toglierli dal mercato, dando, in cambio, titoli dello stato americani.
Attenzione: i titoli, non i mutui. Ma nei titoli c’è un po’ di tutto: tossici e non tossici: come distinguerli? Primo problema.
Ma soprattutto: il piano interviene su ciò che è avvenuto, non impedisce che domani tutto ciò avvenga nuovamente. Quanti di quegli 11mila Mld andrà di default tra sei, dodici mesi? E che farà il Governo americano: altri 700 mld? Non mi pare credibile.
Ed infatti le borse, nel momento in cui scrivo, approfondiscono la crisi non credendo evidentemente nell’efficacia del piano.
Che fare? Credo (a dire il vero non è un’idea mia ma di illustri economisti che lavorano nelle università americane: guarda qui) che la strada sarebbe quella di dire ai mercati che i mutui subprime non esistono più. Non raccontando delle storie, evidentemente, ma utilizzando quel fiume di denaro stanziato dal Tesoro USA per garantire alle banche che lo stato acquisterà i mutui che non verranno pagati che so, al 70, 80% del loro valore, lasciando, evidentemente alle banche il compito di escutere le loro garanzie sugli immobili (sennò tutti smetterebbero di pagare le rate).
Questa strada avrebbe alcuni vantaggi: innanzitutto non si interverrebbe ex-post a pioggia, ma si metterebbe in atto un processo che, da un lato, non premia le banche che hanno “giocato” con le esposizioni (il piano Paulson prevede che i titoli vengano acquistati al loro valore facciale), punendole, comunque con un 20-30% del valore del mutuo, ma, soprattutto, direbbe a mercati che una simile crisi non potrà avvenire più in futuro.
Anche perché a me fa personalmente paura il nostro amato premier che assicura che non permetterà che nessun risparmiatore italiano possa rimetterci un cent, senza peraltro dire come. Che cosa ha in mente? Un’altra cordata salvifica, scaricando i debiti sul fisco, come è accaduto con Alitalia? Creare un fondo di salvataggio, magari europeo, cui attingere per colmare i debiti (nota a parte: dove saranno presi i soldi per pagare i debiti Alitalia? Semplice, attingendo al fondo, già esistente, nato per salvaguardare le vittime di crack finanziari, tipo Cirio o Parmalat, per intenderci: ma quello di Alitalia non è un crack finanziario: è frutto di una colpevole gestione dei manager, nessuno dei quali è stato in qualche modo punito, anzi!) delle banche italiane? Organizzare una task force di carabinieri da schierare davanti agli sportelli bancari per impedire che il panico diventi corsa a ritirare i depositi dalle banche?
La cattiva coscienza dei liberisti europei e non solo che oggi governano il mondo, ahimè, non da grandi garanzie e temo che la crisi durerà ancora a lungo e, presto, anche l’Europa e l’Italia saranno percorse da un’ondata di maremoto finanziario.
La sola speranza che, dopo la distruzione, si capisca, finalmente, che il mercato, senza intervento pubblico né regole, può funzionare solo a costo di costi sociali insopportabili per una democrazia e la presenza dello Stato come governante dell’economia e garante del rispetto delle regole è insostituibile, nel rispetto di tutti gli interessi in gioco: gli imprenditori, i consumatori, i cittadini. Come si chiama tutto questo? Ebbene sì: si chiama Socialismo!