giovedì 26 novembre 2009

A pensare male si fa peccato


I media non hanno dato grande rilievo ad un emendamento alla finanziaria, in discussione in questi giorni alla Camera, dopo il via del Senato, che prevede la possibilità di vendere all'asta i beni sequestrati alle organizzazioni criminali.

Si tratta di un cambiamento importante rispetto alla precedente legislazione che prevedeva l' assegnazione di tali beni a cooperative produttive per l'utilizzo in senso sociale dei cespiti sequestrati.

Era la legislazione che ha permesso a “ Libera” l'associazione di Don Ciotti, di creare posti di lavoro e “ricchezza” (intesa in senso relativo, ovviamente), dove prima vi era crimine.

Da parte di tutti gli esperti si sostiene che il modo migliore per colpire la criminalità organizzata è privarla dei beni accumulati con l'attività criminosa, pena ben più incisiva perfino della detenzione.

Con questo emendamento si rischia di far entrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta, nel senso che i clan potrebbero venire nuovamente in possesso dei beni sequestrati semplicemente partecipando all'asta direttamente o per il tramite di prestanome.

E' evidente che mafia e camorra hanno grandi capacità per “ convincere” eventuali altri interessati a non partecipare all'asta, per non far lievitare il prezzo, e, grazie alle enormi risorse finanziarie accumulate, potrebbero ritornare in possesso dei beni con estrema facilità.

Né sono tranquillizzanti le dichiarazioni del Ministro Maroni, cui voglio riconoscere fino ad oggi importanti risultati nella lotta al crimine organizzato, che sostiene che dovrà essere il Prefetto a vigilare che i beni non tornino nella disponibilità dei mafiosi neppure “ attraverso persone anche indirettamente collegate” (il virgolettato è testuale) ai criminali.

Non sono tranquillizzanti perchè, se si conoscessero tutte le persone collegate ai clan, mafia e camorra non esisterebbero già più.

Che abbia ragione Il Giornale di ieri che, in prima pagina, strillava “ Sequestrare il tesoro di Silvio”?

Come diceva Giulio Andreotti “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”


>P.S. L'Associazione Libera ha lanciato un appello contro questo emendamento. Si può trovare, e firmare, seguendo questo link




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domenica 22 novembre 2009

Questa è a destra, questa è la sinistra. Qual'è la destra?


Sempre più spesso sento dire che le differenze tra destra e sinistra non hanno più significato in una società complessa come la nostra e che le ideologie sono ormai un retaggio di un passato, neanche tanto recente, nostalgico e fortunatamente superato.

Sono soprattutto esponenti del centro destra ad affermarlo, ma, ahimè, anche insigni esponenti della sinistra, in una malintesa ricerca di modernità, ritengono che il concetto di destra e sinistra non abbia più diritto di cittadinanza nella politica mondiale.

Ho perfino sentito Filippo Rossi (ascoltatissimo consigliere di Gianfranco Fini e responsabile dell'associazione Fare Futuro) affermare che si sceglie uno schieramento come si sceglie la squadra del cuore: sarebbe una questione di tifo e null'altro. Ciò che importa è che si tenda al benessere delle persone, convincendole che il proprio partito è “il più bravo” a realizzare tale obbiettivo.

E' evidente che non condivido questo appiattimento.

Sono convinto che le differenze ci siano e che siano profonde.

Certamente l'obbiettivo deve essere per tutti il benessere delle persone, ma non è indifferente il COME si propone alla gente di raggiungere lo scopo.

Se debbo andare da Genova a Roma posso prendere la mia auto, il treno o l'aereo.

Arrivo comunque a Roma, ma il mezzo scelto non è indifferente in termini di costo, sicurezza, inquinamento, tempo. Non è vera l'asserzione macchiavellica che il fine giustifica i mezzi. A volte un fine può essere buono o cattivo, in base al mezzo usato. Da questo di vista è allora il mezzo a giustificare il fine.

Per uscire dalla crisi economica che ha attanagliato il mondo nell'ultimo anno e dalla quale si stenta ancora ad uscire, nonostante le ottimistiche e false rassicurazioni governative, si possono seguire essenzialmente due strade, entrambe perfettamente percorribili.

La prima, quella seguita da quasi tutti i governi conservatori del mondo e auspicata dalla nostra confindustria, è quella di aiutare imprese e banche per aumentare la liquidità del sistema e stimolare così l'aumento della produzione di beni e servizi.

Questa strada, evidentemente, ha come conseguenza quella di far aumentare il PIL e, quindi, la ricchezza complessiva del paese.

Ma ne esiste un'altra, forse più lunga, più difficile, che parte dalla diminuzione del costo del lavoro, ottenuto attraverso la leva fiscale, che da un lato fa diminuire la necessità di capitali alle imprese e, dall'altro, aumenta la disponibilità di spesa delle famiglie e, quindi, l'aumento della domanda di beni e servizi che, a sua volta, stimola la produzione.

Secondo voi non ci sono differenza tra queste due strade?

Su tutti i temi del dibattito politico esistono strade diverse per raggiungere risultati apparentemente simili: dalla sicurezza alla giustizia, dalla sanità alla scuola, dal lavoro all' ambiente.

Affermare che le differenze non esistono più significa soltanto cercare una scorciatoia per conquistare consenso, rinunciando alla funzione principale che, storicamente, ha sempre avuto soprattutto la sinistra: convincere le persone che una società più equa, giusta, solidale sia una ricchezza per tutti e che se il legislatore costituente ha scelto di affermare nel primo articolo della Costituzione che “ L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro” un significato dovrà pur averlo.


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venerdì 13 novembre 2009

La giustizia di Babbo Natale


E' talmente grave quello che sta avvenendo nel nostro Paese che sono imbarazzato a scriverne.

Che la politica di uno stato possa farsi complice di un uomo che tenta di sottrarsi alla giustizia fornendogli mezzi e mezzucci per fuggire mi sembra oltre ogni possibile vergogna.

Che giornalisti pagati con le nostre tasse affermino impunemente in televisione che il premier è “ perseguitato” dai giudici che vorrebbero impedirgli di governare, mentre cercano semplicemente di “ perseguirlo” per accertare sue evidenti responsabilità in attività criminose mi sembra grottesco.

Ma la cosa che mi fa incazzare più di tutte è che ormai non hanno neppure più il pudore di nascondere dietro presunte riforme le malefatte.

E' evidente che il cosiddetto processo breve (visto che arrivare al nessun processo non è stato possibile) non serve a riformare la giustizia, ma a garantire una squallida via di fuga al potente di turno. Tanto evidente che Lega, preoccupata di veder abbassata la guardia della persecuzione (questa sì) contro pericolosi criminali come quelli che varcano i nostri confini di nascosto, ha preteso di eliminare questi reati dalla sanatoria. Perchè? Semplice perchè il disegno di legge presentato al Parlamento non serve ad accelerare i processi, serve a non giudicare i criminali.

E se qualcuno aspetta la sentenza per avere giustizia o vedere riconosciuti i propri diritti o ottenere un risarcimento per i danni subiti, chi se ne frega, se la prenda con i giudici fannulloni.

Un disegno di legge di tre articoli pretende di riformare la giustizia? Va bene che si avvicina dicembre, ma non si può pretendere che noi si creda a Babbo Natale.

Non c'è nulla che vada in quel senso: non un centesimo per pagare la manutenzione di computer dei tribunali, non il più piccolo stanziamento per gli straordinari, non una nuova assunzione, non una depenalizzazione dei reati minori, nulla.

Solo tre articoli per consentire a chi è stato sorpreso con le dita nel barattolo della marmellata di sfuggire alle sue responsabilità.

Fin dove è scesa la nostra capacità di indignarci?




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giovedì 5 novembre 2009

Don Abbondio e il crocifisso


La fede è un po' come il coraggio di Don Abbondio “Se uno non ce l'ha, non se lo può dare”, ma, al contrario di questo, è una faccenda molto più privata ed intima.

Non è necessario manifestarla pubblicamente né cercarla al di fuori di sé.

Per credere in Dio non servono sue rappresentazioni né adorare sue immagini.

Ricordo molti anni fa un prete “illuminato” che mi disse: Se cerchi Dio, smetti di cercarlo perchè è già dentro di te.

Dentro di me non l'ho trovato, ho smesso di cercarlo, ma quel pensiero lo ricordo e mi convince del carattere privato della fede.

La cultura di un popolo ha poco o nulla a che vedere con la religione. Solo una parte marginale della vita sociale attiene ai dettami religiosi, tanto che tutti i popoli hanno regole di convivenza civile simile, al di là della religione prevalente.

E solo in Italia, e solo da parte della chiesa cattolica, si pretende di imporre propri simboli anche a chi non interessa o si sente offeso da essi, perchè seguace di un altro credo o perchè agnostico o ateo.

Ed è particolare questo aspetto: improvvisamente l 'italiano si scopre fervente cattolico, tanto da non poter fare a meno del crocefisso nelle aule scolastiche. Ma basta passare un po' di tempo davanti ad una qualsiasi chiesa, la domenica mattina, per rendersi conto di come sia ipocrita e di comodo questa presa di posizione contro una logica decisione della corte europea.

E' evidente che in una società complessa, come ormai lo sono tutte, sia impensabile affermare l'esistenza di una religione di stato, ma tant'è tutte le occasioni suono buone per strumentalizzare qualsiasi cosa, tanto che perfino la lega urla la propria “ indignazione”, dimenticando il poco cristiano celodurismo e la disumanità di certe recenti posizioni che niente hanno a che fare con la solidarietà cattolica.

Da agnostico credo che ci si possa definire cattolici credenti non soltanto se si ritiene che Gesù sia stato il figlio di Dio, e che sia morto sulla croce. Ma che sia necessario attenersi ai suoi precetti, vivendo secondo i suoi dettami.

Ma ahimè, mi pare che, soprattutto i politici, ultimamente, non stiano dando una grande prova di questo rispetto: corruttori, truffatori, evasori siedono comodamente in Parlamento ed al Governo e, mentre si pretende che mischiare sesso a pagamento con gli affari di stato attenga al “privato”, il farsi il segno della croce abbia valore pubblico.

L' abolizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici è un segnale di accoglienza, di riconoscimento della diversità e della complessità della società, di integrazione.

L'affermazione di una società laica passa anche attraverso questi segnali.

Difendendo il diritto del singolo alla professione del proprio credo, ed affidando al pubblico l'individuazione di regole comuni condivise e valide per tutti ed il controllo della loro osservanza, riaffermando che


Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.




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