venerdì 13 giugno 2008

Prove tecniche di scissione

E’ sempre antipatico, di fronte ad una difficoltà, ad un errore, affermare “l’avevo detto io!”, ma questa volta pare proprio così.
Non solo io, evidentemente, ma tutti coloro i quali avevano denunciato la costituzione del Partito Democratico come una “fusione a freddo” tra DS e Margherita.
Le liti che oggi rischiano di sconvolgere i neonati assetti politici della nostra provincia ne sono l’esempio più eclatante.
Stare insieme, legati da un comune sentire sui grandi temi politici, etici, sociali, contribuisce certamente a trovare mediazioni tra posizioni diverse, anche disponibili a pagare dei prezzi alti, ma se l’unione è fondata solo su interessi elettorali queste mediazioni non possono che essere più difficili, addirittura impossibili se l’alleanza elettorale è sconfitta, come è accaduto anche in provincia.
Non si tratta di egemonia di uni sugli altri, come gli ex margheriti ponentini sostengono, né di caccia di poltrone da ex democristiani, come ribattono gli ex Ds; siamo di fronte alla crisi di un progetto politico che è nato privo di fondamenta ideali e quindi con poche prospettive.
Anche se l’opera di mediazione certamente in atto dai livelli superiori dovesse avere successo, mettendo la sordina ai malumori, resterà comunque un fuoco a covare sotto la cenere, che rischia di riattivarsi nel momento meno indicato, ossia a ridosso delle prossime elezioni provinciali, all’atto della creazione delle liste, momento topico di confronto e di scontro nei partiti.
Se questo dovesse avvenire il capolavoro politico del PD sarebbe completo: dopo la distruzione parlamentare della sinistra, l’autodistruzione nei territori e la definitiva resa di fronte ad una destra arrogante, qualunquista, xenofoba e codina.
Non dico queste cose con soddisfazione o leggerezza, al contrario osservo gli avvenimenti nazionali e locali con un senso di angoscia.
Avrei preferito un processo di costruzione del partito di tutti i riformisti più aperto al contributo di tutti, secondo il vecchio progetto dell’Ulivo che, per due volte ha sconfitto Berlusconi e che vedeva il contributo di tutte le forze alternative alla destra nel nostro Paese al Governo del Paese.
Certo, il livello di litigiosità era alto ed intollerabile, ma era comunque ben poca cosa rispetto al rischio di scissione, e quindi di definitiva rottura dell’alleanza di centrosinistra a cui stiamo assistendo in questi giorni.

mercoledì 11 giugno 2008

Basta!

Apprendo in questo momento che in Sicilia sei operai sono morti durante la pulizia di una vasca, poichè hanno inalato vapori venefici.
Solo una parola mi viene in mente:
BASTA!
Basta con il cordoglio dei politici
Basta con le promesse di intervenire
Basta con le indagini dopo che le bare sono state chiuse
Basta con le lacrime di vedove e figli
Basta con le leggi che non vengono applicate
Basta con il lavoro che uccide.
Fermiamo questa assurda guerra

martedì 3 giugno 2008

Il bandolo della matassa

E’ difficile trovare il bandolo della matassa per i riformisti che si ostinano a considerare irrinunciabili le parole d’ordine che hanno caratterizzato le grandi conquiste sociali, di diritti, di uguaglianza del secolo appena trascorso.
E’ difficile perché i partiti che dovrebbero essere i naturali riferimenti del “popolo della sinistra” o hanno fatto scelte decisamente centriste nel tentativo di catturare il consenso, snaturando così i principi, le politiche, le parole d’ordine oppure sembrano parlare d’altro, smarrendosi nel labirinto del politichese più incomprensibile alla gente.
Prova di quanto detto è visibile in questi giorni.
Il Governo Berlusconi, come peraltro promesso in campagna elettorale, ha provveduto a detassare gli straordinari e a completare la cancellazione dell’ICI, già iniziata dal precedente governo Prodi.
Queste misure sarebbero, per uno schieramento di sinistra, da contrastare nel merito, non in modo ideologico, ma concretamente. Sugli straordinari è evidente come questa sia una misura discriminante e che spesso non premia neppure la produttività. Sulla cancellazione dell’ICI, al di là della ricaduta sulla finanza locale e quindi sui servizi alle persone, soprattutto le più deboli, ciò che dovrebbe creare indignazione e che invece è passata praticamente sotto silenzio, è il suo finanziamento: tagli e cancellazioni di capitoli di spesa già previsti dal Governo precedente che vedono, tra gli altri, gli incentivi al trasporto su rotaia e, soprattutto, i fondi, già pochi, stanziati per finanziare le attività di contrasto alla violenza sulle donne.
Che fa la cosiddetta opposizione in Parlamento? Sull’Ici non dice nulla, sugli straordinari rivendica la sua estensione agli statali e fa ostruzionismo spinto sul …. Decreto per Rete4, certo odioso ma via, c’è un limite anche alla decenza.
Ma se Atene piange, Sparta non ride ed ecco che, da un lato, il neonato Partito Socialista si appresta ad un congresso frettoloso, prodromo di una ulteriore possibile scissione, o quanto meno una conta feroce, dall’altro la sinistra radicale è alla ricerca di una identità e una direzione, con Sinistra Democratica che, addirittura si definisce ancora “minoranza dei DS”, incapace, evidentemente di guardare avanti.
In questa situazione le persone che si riconoscerebbero in una sinistra moderna, riformista, di governo, fortemente propositiva ed innovativa, non subalterna, non possono che sentirsi smarrite, abbandonate, senza futuro.
La risposta a questo stato di frustrazione sta provocando una fuga ulteriore verso il privato, il “tutti a casa”.
Il rischio evidente è che si crei un circolo vizioso di azione-reazione che spingerebbe sempre più la nostra società verso il qualunquismo, l’individualismo esasperato, la violenza a difesa del proprio interesse particolare ed immediato.
A questa involuzione è necessario opporsi, riscoprendo la volontà di esserci, di contare, di essere protagonisti delle scelte, di coinvolgere gli altri e di confrontarsi.Solo così sarà possibile ricostruire un senso etico in questo Paese, cominciando a superare l’individualismo come valore portante che caratterizza l’Italia da almeno vent’anni e che ha sostituito il monopolio pubblico, con quello privato, i diritti dei lavoratori con quelli del profitto, l’accoglienza e la solidarietà con l’egoismo e la xenofobia, facendoci risvegliare improvvisamente più poveri, più insicuri, più precari e, quel che è peggio, più soli.
E’ questa la sfida, saremo capaci di raccoglierla?