venerdì 26 marzo 2010

Carfagna e la rivoluzione


Chi ha avuto modo di assistere alla trasmissione di Santoro, ieri sera, sarà probabilmente rimasto colpito dalla affermazione di Mario Monicelli sulla necessità, per cambiare le sorti di questo paese, di una “ rivoluzione”.

Mi sono chiesto che cosa volesse dire il grande maestro del cinema con questa affermazione. Probabilmente non intendeva una rivoluzione armata. Mi sembrerebbe eccessivo e, probabilmente, neppure utile.

Ciò che forse ritiene necessario è una “ rivoluzione culturale e delle coscienze” che restituisca alle persone la capacità critica rispetto a ciò che accade e che oggi mi sembra ottenebrata da una serie di questioni, dalla dipendenza dalla televisione, allo scarso spessore per personale politico; dall'egoismo della ricerca del proprio immediato tornaconto, al dispregio delle regole e della cosa pubblica.

In questo senso mi sento di condividere l'affermazione.

La cosiddetta seconda repubblica ha visto il perpetuarsi di modelli vecchi e personaggi riciclati. Si è risolta in una semplice operazione di lifting con la creazione di nuove aggregazioni, perlopiù elettorali e senza contenuti e riferimenti ideologici (nel senso più nobile del termine). E come tutte le “cover” ne è risultato un modello che fa rimpiangere l'originale.

Una rivoluzione fallita, insomma, o forse mai davvero cominciata.

E' il momento di voltare pagina, superando le lusinghe sempre forti di rinchiudersi nel privato spinti dalla delusione.

Le elezioni di venerdì possono essere un banco di prova. Lungi dall'astenersi credo sia indispensabile approfittare del fatto che, almeno a questo livello, sia ancora possibile esprimere una preferenza.

Io lo farò e voterò una donna.

Non per una malintesa volontà di riequilibrio di genere, ma poichè ritengo che le donne possano davvero rappresentare una novità nella politica di questo paese.

Poco coinvolte, a causa di discriminazioni, palesi o nascoste, che finora ne hanno impedito il corretto e compiuto impegno politico, rappresentano, proprio per questo, un elemento nuovo su cui investire, per dare davvero una svolta al modo di approcciarsi alla politica.

Non parlo di donne “scelte” dal capo come la Carfagna o la Gelmini, sempre pronte a compiacere il padre-padrone. Parlo delle donne “vere”, portatrici di idee, modi di relazionarsi, indipendenza di pensiero, autonomia nuovi.

E' necessario cambiare davvero tutto, non in senso gattopardesco, perchè nulla cambi, ma per una nuova e diversa stagione della politica, per nuove regole (avendo ormai distrutto quelle vecchie), per nuove parole d'ordine, per nuove facce.

Non so se votare una donna può essere risolutivo, ma potrebbe rappresentare un primo passo.

Forse la vera rivoluzione può cominciare proprio domenica.



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4 commenti:

speradisole ha detto...

Una rivoluzione culturale, certo, per combattere il germe infetto del berlusconismo che si è introdotto nella nostra società, o come diceva Norma Rangeri, si è impossessato della gente televisiva di chi guarda gli amici della De Filippi.
Ma se provi a chiedere, a qualcuno convinto sostenitore di Berlusconi, perchè lo vota e che cosa ha fatto per il paese, non ti sa rispondere. Ti dirà che ha fatto "molte cose" parole che non dicono niente, perchè in effetti per la gente non ha fatto niente. Ma, c'è un gran ma, è riuscito ad imbambolarla e a manipolarne la capacità critica.
Fare una rivoluzione culturale, non sarà semplice nè immediata, ma dovrà passare qualche generazione.
Non è una bella prospettiva.
Ciao Marino.

Marino ha detto...

La speranza è proprio quella di non dover aspettare tanto. Santoro ha dimostrato ieri di poter arrivare ai giovani bypassando la tv dei grandifratelli. Occorre trovare strumenti diversi. Magari mi illudo, ma cambiare il personale politico potrebbe dare il via ad un cambiamento vero

Fulvio Sguerso ha detto...

Caro Marino, finché le affabulazioni mediatiche e propagandistiche governative hanno corso nelle opinioni comuni di quello che con malcelato disprezzo un tempo si chiamava "il popolino" e che ora con termine sociologico definiamo "massa" (dove sono finite le "classi" della nostra gioventù?)non c'è niente di nuovo o di strano. Lo strano, a me pare, emerge e preoccupa - anzi, spaventa - quando a prestar fede alle fole di regime sono intellettuali come i "terzisti" Pierluigi Battista o Panebianco o Galli Della Loggia, che non mi sembrano anime semplicette o sempliciotte ignare delle cose di questo mondo. Come hanno fatto costoro, proprio in quanto intellettuali liberali, a non denunciare da subito la deriva autoritaria che si profilava per il Paese fin dalla famosa "discesa in campo" dell'imprenditore-impresario? Senti cosa scrive Galli Della Loggia sul Corriere del 7/03 /10 per giustificare, o meglio, per convincere i coordinatori del Pdl - e, par di capire, lo stesso leader carismatico - a correggere il tiro della loro ideologia basata solo sul consenso elettorale: "Sbaglia chi pensa che queste cose siano dette per partito preso antiberlusconiano. In generale il ruolo importante avuto da Berlusconi nello stabilimento (!) del bipolarismo, nonché in particolare alcuni risultati positivi dell'attuale governo, non sono stati mai nascosti né da questo giornale né da chi scrive. Così come personalmente non ho difficoltà a riconoscere che ministri come Gelmini (!), Maroni, Tremonti, Sacconi (!) o La Russa (!) stanno dando buona prova di sé....." Non rovinate quindi il buon lavoro fin qui svolto con un'ideologia populista da repubblica delle banane (questo lo deduco io,ovviamente)! Eh sì, ci vuole proprio una bella rivoluzione.

Un saluto sconsolato.

Marino ha detto...

Grazie per il commento sempre puntuale ed approfondito. Quello che spaventa me non è tanto che intellettuali leggano in questa fase politica cose che io non vedo o non condivido (come il giudizio sui ministri!). In fondo siamo nel gioco dell'alternanza. Quello che mi spaventa è che non sia più possibil il confronto. La mordacchia alla comunicazione di massa, la messa sotto tutela della magistratura, le bugie propagandate per miracoli. Questo mi spaventa e non so se è meglio o peggio. Sì una bella rivoluzione ci starebbe bene, alla portoghese, però, con i fiori nelle bocche dei cannoni. Ricordiamocelo il prossimo 25 aprile (data comune con i portoghesi)