In questo periodo i giornali sono colmi di notizie riguardanti le gesta di un manipolo di faccendieri e, qualche pagina più avanti, di quelle relative ad un gruppo di ragazzi che sputano l’anima sulle salite dolomitiche.
Le due cose non sono così distanti come appare.
Sia la politica che lo sport, soprattutto il ciclismo, si guadagnano spesso l’attenzione dei media per gli scandali: tangenti e mazzette in un caso, doping nell’altro.
I costi della politica e la ricerca di prestazioni sovraumane da una parte, e dall’altra la fame di denaro, di successo e di potere sono le molle che spingono ad abbandonare la via maestra per entrambe le categorie.
Le vere vittime siamo noi, cittadini, spettatori, in qualche caso anche tifosi (in politica come nello sport) che, di fronte a simili notizie, ci sentiamo traditi e presi in giro, col risultato di allontanarci, schifati.
C’è bisogno di pulizia, c’è bisogno di riscoprire un’etica della convivenza che sembra che si sia smarrita nel mare degli scandali che ci hanno travolti.
Il grande errore di Bettino Craxi, nel famoso discorso che tenne alle Camere su Tangentopoli, non fu quello di denunciare il marcio che nel sistema interessava un po’ tutti i partiti, ma di utilizzarlo come una richiesta di assoluzione generale e non come una denuncia affinché la fine della prima repubblica rappresentasse una catarsi della politica italiana.
Anche se la sinistra non è oggi coinvolta negli scandali genovesi e savonesi (come ormai noto non considero il PD un partito della sinistra), credo che la ricostruzione di una sinistra riformista, laica, socialista o laburista che dir si voglia, possa e debba partire anche da qui: riconoscere gli errori, allontanare chi quegli errori li ha commessi o ha accettato, per convenienza o complicità, che si commettessero, ricostruire una classe dirigente nuova e pulita, costruita sulla base di un codice etico discusso e condiviso con la gente per ridare dignità a parole che dovrebbero evocare significati alti, profondi, coinvolgenti come politica, democrazia o socialismo, che, al contrario oggi evocano reati, interessi privati, corruzione.
Credo anche che dobbiamo essere noi, la cosiddetta base, a prendere in mano il pallino, facendo uno sforzo per ricominciare a partecipare, esserci, contare, espropriando una classe dirigente che si riproduce per partenogenesi, vecchia, al di là dell’età anagrafica, compromessa col potere economico che, ovviamente, si muove in nome degli interessi propri e non di quelli della collettività.
Potere Operaio n.1 (1969)
1 giorno fa
2 commenti:
leggo sempre gli articoli sul tuo blog. Mi trovano completamente d'accordo, però a ragionare in questo modo siamo
rimasti pochi. Da una parte il Partito Democratico , dall'altra Rifondazione Comunista e Comunisti che non accettano l'idea che
il comunismo non esiste più. Il Partito Socialista in Italia è scomparso. Che cosa possiamo fare noi della base periferica?
Mi piacerebbe discuterne con Te partecipando a qualche Vostra riunione.Complimenti per la Tua iniziativa che in questo momento ritengo sia molto significativa. Cordialmente Ti saluto.
Hai ragione, siamo pochi, ma è importante impegnarci per aumentare e non arrendersi all'ulteriore ridimensionamento.
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