E sì, c'è proprio da stare attenti. Da una parte le battute da cabaret di Berlusconi, dall'altro i goffi tentativi di Veltroni di leggere le elezioni americane come l'inizio di una riscossa italiana.
Non voglio neppure entrare nel merito della presunta gaffe di Berlusconi sul colore della pelle del Presidente eletto Obama. Fiumi di parole sono già state dette e scritte in tutto il mondo e non sarei capace di aggiungere nulla che non sia già stato detto o che potrebbe essere utile ad attenuare il senso di disagio e di vergogna che mi ha preso ascoltando quelle dichiarazioni.
Ma, se Atene piange Sparta non ride, e Veltroni non ha perso tempo ad affermare che l'onda di cambiamento arriverà anche da noi, dando alla vittoria dei Democrats americani una funzione salvifica per la sfigatissima situazione della sinistra italiana. Peccato si sia dimenticato di argomentare, anche solo per titoli, questa affermazione. Che dovrebbero dire Brown e Zapatero, solo per citare i capi di governo geograficamente più vicini a noi? Che la Spagna e il Regno Unito sono pronti per la rivoluzione, visto che l'asse mondiale, a sentire il nostro Valter, si è spostata a sinistra?
A me pare che entrambe le dichiarazioni siano indice di un dato caratteriale che accomuna Berlusconi e Veltroni.
Sia l'uno che l'altro pensano di essere il centro del mondo. Che tutti ruoti attorno a loro.
Con una differenza, ahimè. Uno è un vincente, l'altro no.
Nel loro atteggiamento tutto mi pare condurre al loro io ipertrofico. Dalla pretesa di Berlusconi di "dare consigli" ed "abbracciare" Obama, dall'alto della sua età e della sua esperienza di Governo (ha detto proprio così!), alla decisione veltroniana di correre da solo alle ultime elezioni politiche (con i risultati a tutti noti); dalla convinzione che, anche nei consessi internazionali, siano consentite battute volgari, corna e barzellette, alla presunzione di poter rappresentare tutta la sinistra italiana, dimenticando di aver portato il suo vecchio partito, i DS, al minimo storico nel periodo in cui ne è stato il segretario; dal dispregio dimostrato verso le più elementari norme e consuetudini democratiche (che ha visto persino il levarsi delle critiche del presidente della Camera), al tentativo di accreditarsi come leader internazionale scrivendo una lettera a McCain, dopo il suo discorso dopo la sconfitta.
La verità è che il nostro è un Paese piccolo, governato da uomini piccoli, con un piccolissimo ruolo internazionale. Non è una condanna, né un dato di fatto. E' la conseguenza di scelte dei nostri politici, di governo e di opposizione. E' la conseguenza del nostro atteggiamento di cittadini e di elettori. E' la conseguenza di una incultura basata su calcio e veline. Cambiare? Dipende da noi. Mi piacerebbe finire dicendo …Yes, we can!
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