martedì 27 maggio 2008

Politica e Bicicletta

In questo periodo i giornali sono colmi di notizie riguardanti le gesta di un manipolo di faccendieri e, qualche pagina più avanti, di quelle relative ad un gruppo di ragazzi che sputano l’anima sulle salite dolomitiche.
Le due cose non sono così distanti come appare.
Sia la politica che lo sport, soprattutto il ciclismo, si guadagnano spesso l’attenzione dei media per gli scandali: tangenti e mazzette in un caso, doping nell’altro.
I costi della politica e la ricerca di prestazioni sovraumane da una parte, e dall’altra la fame di denaro, di successo e di potere sono le molle che spingono ad abbandonare la via maestra per entrambe le categorie.
Le vere vittime siamo noi, cittadini, spettatori, in qualche caso anche tifosi (in politica come nello sport) che, di fronte a simili notizie, ci sentiamo traditi e presi in giro, col risultato di allontanarci, schifati.
C’è bisogno di pulizia, c’è bisogno di riscoprire un’etica della convivenza che sembra che si sia smarrita nel mare degli scandali che ci hanno travolti.
Il grande errore di Bettino Craxi, nel famoso discorso che tenne alle Camere su Tangentopoli, non fu quello di denunciare il marcio che nel sistema interessava un po’ tutti i partiti, ma di utilizzarlo come una richiesta di assoluzione generale e non come una denuncia affinché la fine della prima repubblica rappresentasse una catarsi della politica italiana.
Anche se la sinistra non è oggi coinvolta negli scandali genovesi e savonesi (come ormai noto non considero il PD un partito della sinistra), credo che la ricostruzione di una sinistra riformista, laica, socialista o laburista che dir si voglia, possa e debba partire anche da qui: riconoscere gli errori, allontanare chi quegli errori li ha commessi o ha accettato, per convenienza o complicità, che si commettessero, ricostruire una classe dirigente nuova e pulita, costruita sulla base di un codice etico discusso e condiviso con la gente per ridare dignità a parole che dovrebbero evocare significati alti, profondi, coinvolgenti come politica, democrazia o socialismo, che, al contrario oggi evocano reati, interessi privati, corruzione.
Credo anche che dobbiamo essere noi, la cosiddetta base, a prendere in mano il pallino, facendo uno sforzo per ricominciare a partecipare, esserci, contare, espropriando una classe dirigente che si riproduce per partenogenesi, vecchia, al di là dell’età anagrafica, compromessa col potere economico che, ovviamente, si muove in nome degli interessi propri e non di quelli della collettività.

venerdì 23 maggio 2008

Ricordo

Oggi è l'anniversario della morte di Giovanni Falcone, di sua moglie, degli uomini della sua scorta.
Non serve commentarlo... basta ricordarli

Berlusconi IV: l'avvio

I primi provvedimenti del Governo Berlusconi consentono già di intravedere con quale stile il premier vorrà governare il Paese per i prossimi cinque anni.
Sarò testardo e prevenuto, ma non mi allineo ai cori di minore o maggiore condivisione dei provvedimenti che hanno attraversato tutti i partiti in Parlamento, per le ragioni, sia di merito che di metodo, che tenterò di illustrare.
Sul merito: il pacchetto sicurezza, oltre a provvedimenti già contenuti nel progetto Amato, avversato peraltro dal centrodestra, vi è una svolta autoritaria e xenofoba preoccupante. Sembra quasi che gli unici extracomunitari onesti siano le badanti e che in Italia gli unici a delinquere siano stranieri, o qualche autista ubriaco. Inoltre la quasi certa introduzione del reato di immigrazione clandestina non farà altro che intasare ancora di più i tribunali e le carceri, rendendo ancora più aleatoria dell’attuale la certezza della pena.
La percezione di insicurezza in cui vivono gli italiani (in massima parte indotta, a mio parere, da ben orchestrate campagne di (dis)informazione) necessiterebbe di risposte più ampie ed articolate che vanno dal puntuale presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine, troppo spesso impiegate in attività che esulano da quelle connesse all’ordine pubblico, alla certezza della pena, alla velocità dei processi penali, alla lotta senza quartiere alla malavita organizzata, per arrivare alla eliminazione delle cause di degrado soprattutto nelle periferie delle grandi città.
Manca ogni intervento vero sulle retribuzioni. La parziale detassazione degli straordinari, di cui ho già parlato in un altro post, rappresenta il classico “pannicello caldo”, con tutti i contenuti negativi di divisione tra i lavoratori e le la lavoratrici, diminuendo il potere del sindacato nei luoghi di lavoro, senza dare un significativo slancio all’aumento delle retribuzioni nel Paese. Ridicolo poi l‘intervento sui mutui, sbandierato come un risparmio per le famiglie che, al contrario, si troveranno a pagare di più, rischiando addirittura di trasferire agli eredi il residuo debito. Non è un caso che, contrariamente al solito, l’ABI non si sia scagliata contro questo provvedimento!
Sul metodo l’osservazione che mi sento di fare è che Berlusconi, da quel grande comunicatore che è, riesce a far credere alla gente di intervenire sui problemi, mentre si limita ad annunciare una soluzione: emblematica è la riscoperta del nucleare. Al di là delle convinzioni di ciascuno e tralasciando il “marginale” fatto che il nucleare sia stato escluso da un referendum popolare, dire che il problema dell’energia sarà risolto costruendo nuove centrali nucleari, la cui costruzione inizierà tra cinque anni, significa che, se va bene ed i tempi dovessero essere rispettati, che questa nuova energia potrà essere utilizzata forse tra dieci anni e comunque lasciando l’Italia ancora dipendente dall’estero per l’approvvigionamento delle materie prime.
Non sarebbe più utile destinare le enormi risorse necessarie in termini di progettazione, ricerca, realizzazione, sicurezza, smaltimento delle scorie nella capillare diffusione delle energie alternative, a cominciare da quella solare, che vede il nostro Paese in fondo ad ogni classifica?

domenica 18 maggio 2008

Inquisizione o Martirio?

Quale sarà il prossimo passo di Benedetto XVI verso la restaurazione: il martirio o l'Inquisizione?
Credo che la domanda sorga spontanea dopo le dichiarazioni fatte a Savona.
Ancora una volta il papa si e' scagliato, con la violenza verbale cui ci ha ormai abituati, contro il laicismo, il relativismo ed il materialismo, che egli considera come mali distruttivi della societa'.
Questa posizione non stupisce: in una organizzazione come la Chiesa cattolica, che si basa sull'assolutismo e sul dogma, mi pare evidente che tutte le idee "diverse" da quelle ufficiali non abbiano diritto di cittadinanza. Per fortuna non credo che questa sia una posizione dominante tra i fedeli, ma occorre la massima decisione per limitare per quanto possibile l'ingerenza papale e curiale nella politica di tutti i giorni.
Con una difficoltà: il Papa non riconosce il mio diritto di pensarla in modo diverso da lui ed io difendo, da relativista,materialista e laico, il suo diritto ad attaccare le mie convinzioni.

Mi pare interessante, a questo proposito un articolo di Michele Serra, comparso su Repubblica del 9 febbraio 20007, che riproduco di seguito:

Quando il professor Buttiglione, o chi per lui, insiste nel denunciare i guasti del relativismo etico, omette di aggiungere che il contrario di relativismo è il dogmatismo. E omette di considerare che ogni etica “relativistica”, pur producendo non di rado disordine e solitudine, non produce però oppressione. Al contrario delle etiche dogmatiche o granitiche, il cui destino è confortare le certezze di chi le possiede, e tormentare e opprimere tutti gli altri, pretendendo di farli vivere e agire dentro le certezze altrui. Le etiche dogmatiche sono dunque, a conti fatti, terribilmente egoistiche. Chi le possiede gode, si sente depositario di verità e di giustizia. Ma chi non le possiede è costretto a subirle, e come accade proprio adesso a milioni di italiani si sente in ostaggio di una morale così indifferente alla libertà degli altri da considerarla un errore, o una bestemmia, o addirittura un oltraggio alla “società naturale”, che sarebbe poi quella stabilita dalla piccola comunità dei vescovi cattolici.
Il comportamento della Chiesa ratzingeriana è, in questo senso, oppressivo e offensivo. Da relativista etico, l’unica certezza che mi sorregge è non volere e non sapere imporre la mia condotta di vita al professor Buttiglione. Lui non può dire altrettanto.

giovedì 15 maggio 2008

Walter e la sindrome di Stoccolma

Nel momento in cui scrivo è in corso la votazione per la scontata fiducia al Berlusconi IV al Senato.
Dall’andamento del dibattito, sia al Senato che alla Camera, una cosa emerge con chiarezza: quello che viene definito il mutato clima politico nei rapporti tra maggioranza e opposizione.
E’ giustificato, e da che cosa, questo inusitato fair play dei maggiori rappresentanti dei due schieramenti?
E’ condiviso dagli elettori che fino ad un mese fa sentivano insulti ed accuse da entrambe le parti (soprattutto da una)?
E’ giusta l’obbiettiva apertura di credito nei confronti del nuovo Governo da parte di ciò che resta del centrosinistra?
Personalmente mi sento di rispondere con un convinto no a tutte e tre le domande, basandomi, per questa posizione, su un ragionamento banale.
Una simile posizione sarebbe giustificata solo da una condivisione del modello di società che si vuole costruire; se così non fosse, se si fosse animati da una idea alternativa di società, allora il no aprioristico e l’opposizione decisa non sarebbe una demonizzazione dell’avversario, ma la sottolineatura di una “diversità” dal modello proposto.
E gli elettori ed i militanti del PD sono convinti della giustezza dell’eliminazione totale dell’ICI (non dimentichiamo che già il 40% delle case sono esenti, grazie ai provvedimenti del defunto Governo Prodi), della detassazione degli straordinari che, come dice Epifani, rappresenta un ostacolo all’aumento dell’occupazione e discrimina nei fatti la parte più debole del mondo del lavoro (le donne, i precari, i lavoratori in aziende in difficoltà), della lotta indiscriminata ai cittadini extracomunitari e non, addossando ad essi la responsabilità della pretesa scarsa sicurezza delle nostre città?
Ed è corretto sospendere il giudizio sulle ronde padane (vedi ad esempio la posizione assunta dal Presidente della nostra Provincia), allinearsi alle critiche alla libertà di stampa e di espressione?

Ma allora perché la svolta “buonista” del leader del PD?

Veltroni è riuscito nel suo progetto di eliminare la sinistra, attribuendo a questa tutte le responsabilità della ingovernabilità del Paese (ma i capricci di Dini e Mastella se li sono già dimenticati tutti?), ma ora, visti i numeri usciti dalle urne, ha un bisogno vitale di non essere marginalizzato dal dibattito politico, ed allora, come le vittime dei rapimenti, si aggrappa al suo rapitore, cercando di accreditarsi presso di lui come leader affidabile, aperto al confronto, disponibile.
Credo che la rinascita di una sinistra vera nel nostro Paese non possa passare che dalla denuncia forte di questa evidente e pericolosa subalternità, rispetto ad una destra arrogante che porta in Parlamento, ed al Governo, fascisti dichiarati, corrotti e corruttori, condannati in via definitiva per i reati più vari.

lunedì 12 maggio 2008

Il Metodo, il Merito

C'è una divertente(!) abitudine nel nostro Paese. Ogniqualvolta si diffonde una notizia scomoda per i Potenti di turno, se ne crea un'altra per accusare chi ha diffuso la prima, attaccandolo sul "metodo".
Così se si pubblica una intercettazione telefonica, il problema è la privacy violata, al di là di ciò che svela la telefonata; se si pubblicano i verbali di un interrogatorio, sul banco degli accusati finisce il giudice che ha violato il segreto o il giornalista che ha pubblicato la notizia, mettendo in secondo piano le notizie di reato contenute nell'interrogatorio.
Il capolavoro lo abbiamo visto sabato scorso: il giornalista Marco Travaglio, alla trasmissione di Fazio, accusa Schifani di avere un passato di vicinanza con alcuni mafiosi, citando il suo ultimo libro "Se li conosci li eviti".
Apriti cielo! Persino la Finocchiaro non ha perso tempo per condannare l'uso scorretto della televisione. Alti rimbrotti si sono alzati a difesa di Schifani che udite udite, non aveva la possibilità di replica (se così fosse per tutte le notizie le trasmissioni giornalistiche non esisterebbero più). Nessuno, ma proprio nessuno, ha però sostenuto che le dichiarazioni di Travaglio fossero false.
Appunto il metodo, prima del merito.
Il metodo per far dimenticare il merito.

venerdì 9 maggio 2008

Da dove cominciamo?

Il risultato elettorale ha aperto, com’è giusto che fosse, un profondo dibattito nei partiti della sinistra sulle ragioni che hanno portato a questa sconfitta che definire storica è forse azzardato in senso ottimistico.
Incredibilmente, da molte parti del Partito Democratico, invece, si alzano molte voci a sostegno di una tesi, a mio modo di vedere, perlomeno originale: il PD era appena nato e, tutto sommato, il risultato elettorale ha comunque premiato il progetto, per il suo contenuto di novità e quindi la strada scelta per la sua costituzione è corretta e condivisa dall’elettorato.
La sconfitta elettorale sta, come immediato corollario, dentro il gioco democratico e non metterebbe in evidenza una particolare peculiarità italiana, mentre la scomparsa di ogni traccia della sinistra dal Parlamento è per certi versi un bene, poiché concorre ad una semplificazione del quadro politico.
Ciò che colpisce, sia nel dibattito degli esclusi, che in quello del PD è che tutta l’analisi si svolge all’interno di sé, in una sorta di autoreferenzialità tipico della sinistra, quasi che i confini del mondo coincidessero con i confini del proprio particolare.
Un dibattito tutto organizzativo nel PD, ed uno tutto rivolto a cercare i propri errori per quanto riguarda sia la Sinistra Arcobaleno, sia il nascente Partito Socialista.
Quello che macroscopicamente è mancata è una riflessione più attenta non sulle ragioni e sugli errori di una sconfitta, ma sulle ragioni di una vittoria.
Il Partito delle Libertà (ancora più nuovo del Partito Democratico) non ha vinto per demeriti della sinistra, né perché ha saputo proporre un modello di Paese più rispondente alle attese dei cittadini.
Ha vinto semplicemente perché la società, in questi anni, è cambiata ed un modello culturale che oggi è dominante nel nostro Paese è un modello che non si rifà alle parole d’ordine ed agli ideali di uno schieramento che, in maniera ampia, si colloca a sinistra.
Sicurezza, lavoro, salute, fiscalità, pari opportunità, diritti sono parole coniugate in senso individuale, come affermazione di sé, dei propri interessi, dei propri diritti, senza attenzione per un interesse superiore che è quello della collettività.
Ed allora sicurezza significa togliere i venditori ambulanti abusivi dalle strade e non mettere in galera chi delinque, indipendentemente dalla razza o del colore della pelle o del passaporto che ha in tasca.
Il lavoro deve essere stabile e garantito per sé o al massimo per i propri figli, mentre se ci sono ragazzi che non riescono a garantirsi un futuro o sono “bamboccioni” (e sì, questa un ministro di un governo di centrosinistra, poteva risparmiarsela), o non hanno iniziativa, o non hanno voglia di lavorare.
E così via, disegnando in conclusione un modello che, di per sé, non è né giusto, né sbagliato.
Semplicemente è un modello che dovrebbe non essere condiviso da una sinistra europea (per i democratici americani il discorso sarebbe probabilmente più complesso), a meno di una abiura totale dei propri ideali culturali e storici, mentre finora (ed è questo il limite maggiore che vedo nell’azione del Partito Democratico) si è cercato di avere consenso inseguendo i cambiamenti in atto nella società.
Da qui credo si debba partire per cercare di rilanciare la sinistra in Italia.
Ma per far questo credo sia necessario uscire dai rigidi steccati dei partiti e cominciare a fare una battaglia che è appunto una battaglia di “Cultura”, uscendo dalle sedi dei partiti e confrontandosi con la società.
Come?
Nel mio piccolo voglio lanciare una proposta: una sede di dibattito, di approfondimento di temi, di confronto che mi piace chiamare “Laburista”, non legando questo al labour party inglese, che già non naviga in buone acque, ma per superare la vecchia diatriba comunismo/socialismo che ormai non mi sembra più attuale (se non nelle parole e nei pensieri di qualche inguaribile nostalgico).
Sono convinto che soltanto una battaglia culturale potrà consentire alla sinistra di tornare a vivere nel nostro Paese con la dignità, il ruolo ed il consenso che in altri paesi, anche vicini a noi, i partiti di sinistra hanno.
Continuare a discettare se sia stato un errore eliminare la falce ed il martello dal simbolo, o se il Partito Socialista paghi ancora per gli errori di tangentopoli, o se sarebbe stato meglio una riproposizione dell’Ulivo o una organizzazione di partito pesante o leggera non porterà la sinistra né al governo né in parlamento per i prossimi decenni, se non si affrontano in maniera coerente le vere ragioni che stanno alla base, non tanto o non soltanto, della sconfitta della sinistra, ma che hanno consentito alla destra di trionfare in Italia.