martedì 3 giugno 2008

Il bandolo della matassa

E’ difficile trovare il bandolo della matassa per i riformisti che si ostinano a considerare irrinunciabili le parole d’ordine che hanno caratterizzato le grandi conquiste sociali, di diritti, di uguaglianza del secolo appena trascorso.
E’ difficile perché i partiti che dovrebbero essere i naturali riferimenti del “popolo della sinistra” o hanno fatto scelte decisamente centriste nel tentativo di catturare il consenso, snaturando così i principi, le politiche, le parole d’ordine oppure sembrano parlare d’altro, smarrendosi nel labirinto del politichese più incomprensibile alla gente.
Prova di quanto detto è visibile in questi giorni.
Il Governo Berlusconi, come peraltro promesso in campagna elettorale, ha provveduto a detassare gli straordinari e a completare la cancellazione dell’ICI, già iniziata dal precedente governo Prodi.
Queste misure sarebbero, per uno schieramento di sinistra, da contrastare nel merito, non in modo ideologico, ma concretamente. Sugli straordinari è evidente come questa sia una misura discriminante e che spesso non premia neppure la produttività. Sulla cancellazione dell’ICI, al di là della ricaduta sulla finanza locale e quindi sui servizi alle persone, soprattutto le più deboli, ciò che dovrebbe creare indignazione e che invece è passata praticamente sotto silenzio, è il suo finanziamento: tagli e cancellazioni di capitoli di spesa già previsti dal Governo precedente che vedono, tra gli altri, gli incentivi al trasporto su rotaia e, soprattutto, i fondi, già pochi, stanziati per finanziare le attività di contrasto alla violenza sulle donne.
Che fa la cosiddetta opposizione in Parlamento? Sull’Ici non dice nulla, sugli straordinari rivendica la sua estensione agli statali e fa ostruzionismo spinto sul …. Decreto per Rete4, certo odioso ma via, c’è un limite anche alla decenza.
Ma se Atene piange, Sparta non ride ed ecco che, da un lato, il neonato Partito Socialista si appresta ad un congresso frettoloso, prodromo di una ulteriore possibile scissione, o quanto meno una conta feroce, dall’altro la sinistra radicale è alla ricerca di una identità e una direzione, con Sinistra Democratica che, addirittura si definisce ancora “minoranza dei DS”, incapace, evidentemente di guardare avanti.
In questa situazione le persone che si riconoscerebbero in una sinistra moderna, riformista, di governo, fortemente propositiva ed innovativa, non subalterna, non possono che sentirsi smarrite, abbandonate, senza futuro.
La risposta a questo stato di frustrazione sta provocando una fuga ulteriore verso il privato, il “tutti a casa”.
Il rischio evidente è che si crei un circolo vizioso di azione-reazione che spingerebbe sempre più la nostra società verso il qualunquismo, l’individualismo esasperato, la violenza a difesa del proprio interesse particolare ed immediato.
A questa involuzione è necessario opporsi, riscoprendo la volontà di esserci, di contare, di essere protagonisti delle scelte, di coinvolgere gli altri e di confrontarsi.Solo così sarà possibile ricostruire un senso etico in questo Paese, cominciando a superare l’individualismo come valore portante che caratterizza l’Italia da almeno vent’anni e che ha sostituito il monopolio pubblico, con quello privato, i diritti dei lavoratori con quelli del profitto, l’accoglienza e la solidarietà con l’egoismo e la xenofobia, facendoci risvegliare improvvisamente più poveri, più insicuri, più precari e, quel che è peggio, più soli.
E’ questa la sfida, saremo capaci di raccoglierla?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Lo stato di marasma in cui si trova la Sinistra è davvero preoccupante. Intanto: quante sono le Sinistre? E che cosa significa oggi, o meglio, ha ancora un significato l'espressione "essere di Sinistra"? Va bene che bisogna specificare se "di governo" o "di opposizione permanente"; ma se andare al governo significasse perdere la ragion d'essere dell'essere di Sinistra non è meglio rimanere all'opposizione? Rimane l'argomento non trascurabile del "male minore"; ma fino a quando dovremo aspettare il "bene maggiore"? In politica, si sa, bisogna essere realisti; ma se la "realtà" e quella di convivere con la criminalità organizzata nazionale e internazionale non sarà che anche il realismo politico si traduca in criminalità politica? Come uscirne? E' un bel dilemma. Anzi, tragico. Aspettiamo i congressi.

Anonimo ha detto...

Cosa può veramente scuotere chi oggi si paralizza nel torpore indifferente? Quanti sono consapevoli che i pochi spiccioli ritrovati in tasca con l'ICI diventeranno una buca in più sulla strada di casa o un posto in meno all'asilo nido?
Come far uscire le menti delle persone e far capire che alcuni problemi si risolvono solo con la comunità umana?
Temo che la strada sia lunghissima. E che forse la nostra generazione sia perduta. Però farei uno sforzo per emancipare le prossime.

Anonimo ha detto...

Forse i dubbi che nascono oggi sull’appartenenza alla “sinistra” potevano nascere anche tempo fa, anzi dovevano nascere tempo fa, diciamo da circa 20 anni, ma il timore di perdere rendite di posizione, anche territoriali, forse era soverchiante e sovrastava ogni analisi di buon senso che andava invece fatta.
Il non aver saputo fare a se stessi questa domanda e l’evitare di porsela ancora oggi per la consapevolezza di non sapersi dare una risposta se non demagogica è il motivo per cui le forze della sinistra non riformista, alternativa o radicale che sia, non governano in nessun paese europeo.
Questi sono i fatti, dopodichè ognuno può dare l'interpretazione che crede.
E’ piuttosto caratteristico però che si accenni al realismo della politica e nello stesso tempo si confermi che forse sia meglio l’opposizione.
Il realizzare gli ideali della sinistra significa si fa governando le società ed è questo il realismo politico, dove per realismo si intende comprendere i mutamenti della società stessa e le sue esigenze.
Si sfugge sempre alla questione principale, che non è l'utopia dell'unità a sinistra, occorrerebbe invece non chiedersi quante sinistre esistano ma domandarsi se esisterà ancora una sinistra in Italia in grado di mantenere uno status democratico.
Certo, se non si riesce a comprendere la linea politica del governo attuale è un pò complicato abbozzare qualunque discussione.
Ma uscire dal “tragico dilemma” aspettando i congressi mi sembra uno strano modo di affrontare il problema.

Anonimo ha detto...

Caro Domenico Maglio, capisco le tue perplessità sul significato del "realismo" in politica (a proposito del quale conviene rileggere Machiavelli), anche perché, purtroppo, di realtà non ce n'è una sola (e su questo conviene rileggere Pirandello)e le realtà in cui nolenti o volenti (ma più volenti che nolenti) noi cittadini cresciuti nel benessere del secondo dopoguerra e del miracolo economico viviamo (anche se non sappiamo quanto durerà, o meglio, sappiamo che così non potrà durare a lungo)sono, come tu sai bene, contraddittorie, cangianti, spesso dure da digerire e difficili da comprendere e da accettare (vedi il problema monnezza e le rivolte a Napoli). La politica dovrebbe servire al bene comune, ma la classe politica attuale è troppo compromessa con il malaffare o, peggio, con la criminalità organizzata per poter compiere fino in fondo il proprio dovere. Su questo non hai niente da dire? Guarda che non intendo fare d'ogni erba un fascio; ma se la parte onesta della classe politica, cioè la Sinistra, non riesce nemmeno a prendere le distanze da un De Michelis o dal fantasma di Craxi, in quale rinnovamento o rinascita o risorgimento possiamo sperare? Quanto all'attesa dei congressi credevo fosse evidente il tono ironico. Un caloroso saluto.

Marino ha detto...

Il confronto di idee anche polemico non può che far bene ad un blog come questo, che vuole appunto stimolare un confronto e di questo quindi vi ringrazio, continuiamo così. E voglio anch'io intervenire, per proporre la mia visione: credo sia inutile essere di sinistra se questo non incide nella società e quindi aspirare a diventare forza di governo nelle sue varie forme non può che essere l'obbiettivo. Per fare questo, a mio modo di vedere, è utile superare il concetto di "diversità" di berlinguriana memoria. Il marcio non è solo a destra, o solo in ciò che vent'anni fa ha prodotto il craxismo (o il forlanismo, o l'andreottismo o...). Basta percorrere una trentina di chilometri per rendersi conto che la diversità, se mai c'è stata, è ormai diventata solo un ricordo. Il malaffare abita dove c'è l'affare e, senza scivolare nel qualunquismo "grillesco", è solo rinnovando profondamente la classe politica e riscoprendo i nostri comuni ideali, che sono la vera "diversità", perchè appunto diversi da quella della destra, che sarà possibile ricucire un rapporto con la gente, proprio con lo scopo di tornare a governare.