lunedì 2 marzo 2009

L’ossimoro di Franceschini

Contravvenendo ad una mia abitudine, ieri sera mi sono soffermato ad ascoltare l'intervista al neo segretario del PD, Dario Franceschini.

Le sensazioni che ho avuto sono tutto sommato positive: mi è parsa una persona molto determinata nel portare avanti il suo ruolo nel tentativo di rimettere insieme i cocci di quello che resta di un progetto che avrebbe dovuto cambiare e condizionare la politica del nostro paese, rendendo organica la sperimentazione di avanzate forme di alleanze, come l'Ulivo.

Una svolta rispetto alle difficoltà della gestione Veltroni, paralizzata dalle divisioni interne, da una eccessiva vaghezza di azione politica e di programma, da uno scimmiottamento addirittura patetico di quanto avveniva oltreoceano, dopo la vittoria di Barak Obama.

Una sterzata verso una forma di opposizione più incisiva e fatta di proposte alternative, come quella dell'assegno a favore di chi, non tutelato, perde il lavoro.

Tutto bene, quindi?

Non proprio. Permangono due questioni, ancora in sospeso, e non sono due questioni marginali.

La prima: la collocazione europea. Inutile continuare a sostenere che il PSE ha fatto il suo tempo e deve rinnovarsi e che solo in Italia si è scelta la strada giusta: non la pensa così il socialismo spagnolo e quello inglese, che le elezioni le hanno vinte, né quello francese o tedesco che, al contrario, le hanno perse.

La collocazione europea non è questione di lana caprina, o di etichette: il giorno prima delle elezioni per il Parlamento Europeo questa coinvolge i programmi futuri, le alleanze, le politiche.

Ma è sul secondo aspetto che restano, tutte immutate, le riserve.

E' quasi divertente sentire Franceschini definire la laicità dello stato un concetto SACRO. Non di sacralità si parla, ma di intrinseca convinzione e di assunzione di questa come una necessità ed un valore ideale.

Non è vero, come ha affermato il neosegretario, che sui temi etici, anche nell'Ulivo vi erano opinioni diverse e questo non destava scandalo. C'erano, è vero, differenze, ma gli urli e gli anatemi si sono sollevati, e giustamente secondo me, per le conseguenze che tali differenze hanno provocato. Non è forse un tema etico il concetto di guerra o di pace? Non si è urlato contro i Rossi ed i Turigliatto per le loro posizioni che hanno messo in crisi evidente il governo Prodi? Che cosa accadrebbe se, fra cinque anni, il PD si trovasse a governare con un margine risicato e si trovasse nella necessità di legiferare su temi "delicati"? Sarebbe ancora ammissibile la "libertà di coscienza"?

Sono queste le risposte che mancano. E su cui sembra mancare la volontà di intervenire.

La chiarezza su questi temi darebbe al PD quello che ancora non ha per essere un grande partito e non soltanto un'alleanza elettorale tra diverse fazioni: l'idealità e l'orgoglio di appartenenza.

Un consiglio a Franceschini: se davvero considera così importante la laicità nell'azione politica, insedi una apposita commissione e stili un manifesto chiedendo a tutti i candidati, in ogni ordine di tornata elettorale, di sottoscriverlo e di impegnarsi su questo.

E in base a questo chieda ai riformisti che oggi non si riconoscono nel progetto di non astenersi, alle prossime elezioni, per contribuire ad esso e non soltanto per ostacolare la destra berlusconiana.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

caro Marino, ho letto il tuo intervento. Ti trasmetto una mia riflessione. Spero nella tua ospitalità e in un confronto di opinioni:
Su un ring un pugile gioca sporco, colpi sotto la cintura, e se l’arbitro interviene rischia anche lui. I secondi dell’altro campione, lungi dal sostenerlo, lo attaccano ai fianchi. Questo sta accadendo da 15 anni. Sette (8 dice lui) i campioni che Berlusconi si compiace di aver atterrato. E se fino a Prodi si attribuiva al coacervo di secondi la colpa della caduta del campione, ora la vocazione maggioritaria ha ristretto la responsabilità. Ad ogni esternazione in libertà perdiamo un pezzo di elettorato.
Si, scarichiamo la nostra rabbia. Poi ragioniamo. Innanzi tutto cominciamo a dire che l’unica cosa da evitare è quella che emozionalmente emerge come la prima a cui lasciarsi andare: abbandonare la partita.
Allora vanno individuati i punti fermi da cui ripartire. Per qualcuno sarà come raschiare il fondo del barile dell’ottimismo, ma tant’è….
Cominciamo con il rifiuto di catastrofismi annunciati: non esiste - per il momento (almeno si spera)- nessun pericolo di ricaduta nell'incubo di fascismi e nazismi di tanto in tanto evocati.
Parafrasando Popper credo che le società moderne abbiano maturato sufficienti anticorpi. La stessa collocazione in Europa ci aiuta ad evitare questa deriva. Resta il fatto però che esistono almeno tre elementi da considerare:
1) una sorta di dittatura mediatica imperante capace di inebetire buona parte della popolazione, specialmente i meno attrezzati dal punto di vista culturale (é proprio in queste fasce sociali che B. da esperto pubblicitario ottiene i maggiori consensi pilotandone gli orientamenti).

2) una vasta trasformazione economica e sociale a dimensione mondiale che ha provocato la rottura degli equilibri usciti dalla fine della II guerra mondiale imponendo incertezze e paure, migrazioni bibliche, inediti scenari che i singoli paesi non sono in grado da soli di modificare (le soluzioni non possono che cercarsi a livello sovrannazionale), ma che alcune forze politiche coltivano senza scrupoli per mietere voti e consensi.

3) una sinistra (sia moderata che radicale) incapace di trovare una linea d’azione comune, l’una troppo ingessata in un riformismo mai definito, l’altra prigioniera di gabbie ideologiche passate. (E con questa affermazione mi sono fatta nemiche tutte e due).


La sinistra conserva questo peccato originale d’orgoglio per cui ognuno ritiene di essere nel giusto assoluto, ma questa irriducibilità tanti disastri ha comportato nella Storia.
Due congressi hanno decretato lo scioglimento di due partiti due anni fa. Ho partecipato a uno di essi, con qualche perplessità. Poi la maggioranza ha deciso e la democrazia impone il rispetto dei numeri. Non vinci se non convinci.
Sensibilità, visioni, umori, storie, progetti diversi confluivano in un unico contenitore. Ma questo non mi aveva scandalizzata. Costringere la Binetti e la Bonino a sedersi a un tavolo per cercare un punto di convergenza era in fondo ciò che la gente chiedeva, stanca di divisioni e di esasperazioni. Posizioni inconciliabili trovavano uno spazio comune per trovare una sintesi, non al ribasso, ma la più alta possibile sulle diverse questioni.

Una illusione questa?

No, se guardiamo alla Storia del nostro paese: dalla Resistenza, alla Costituzione italiana, alla lotta al terrorismo il nostro paese ha dato prova di avere la capacità di trovare questa sintesi.
Quando questa avventura è iniziata avevo chiesto di prestare grande attenzione alle regole. Solo regole chiare, condivise e democratiche avrebbero permesso a tutte queste differenze di fare sintesi. Ma qualcosa non ha funzionato. La controprova consiste nel fatto che ad ogni confronto qualcuno ha fatto saltare il tavolo.
C’è stato chi, poi, ha tenuto la valigia sempre pronta tenendo sotto scacco l’intero partito. Come se fare politica fosse come fare l’amministratore di condominio: scala A o scala B? Irrilevante.

Casa della Sinistra ha detto...

Porto alla tua conoscenza la base di una nuova mozone alla carta di Kilombo

http://sinistradelfia.blogspot.com/2009/03/kilombonuova-mozioneper-una-redazione.html

Spero in un tuo intervento e nella tua collaborazione

Marino ha detto...

Ti ringrazio, Angelica, per gli stimoli. Sarebbe necessario un intero blog per approfondire quanto dici, non solo un commento ad un post. Anche io, come forse ricorderai, ho partecipato a quel congresso ma ho deciso di non aderire al progetto, proprio per quella scarsa chiarezza nelle regole che anche tu lamenti. Ma, temo, questa oscurità non è casuale nè dovuta ad un destino avverso. Non si vogliono perchè si è consapevoli che, con regole chiare e rigide, tutto non si può tenere, ed allora si preferisce il grigio delle nebbie. Ma così si scontenta il gruppo dirigente e, un po' alla volta, si perdono gli elettori.

Anonimo ha detto...

No, basta con i manifesti da far firmare ai candidati (peraltro nominati dalla stessa segreteria)! Ricordo che un tentativo già fu fatto, credo proprio sull'etica e la laicità, Doveva tenere tutto: Odifreddi e suor Binetti. Inutile dire che anche quel tentativo fu un completo fallimento.

Marino ha detto...

Sembra strano ma sono d'accordo. Perchè non credo nella "sincerità" di Franceschini sulla laicità dello stato. Se così non fosse basterebbero poche parole chiare, sul manifesto, per far allontanare una volta per tutte le suor Binetti ed i Fra' Rutelli che oggi condizionano così pesantemente il PD.
Il manifesto non si farà o, se , peggio, si dovesse fare sarebbe un campione di ambiguità da renderlo inutile