Ieri sera, spinto dal sacro fuoco della conoscenza e della curiosità, sono andato in Sala Rossa del Comune per assistere alla presentazione del libro di Ferruccio Sansa e Marco Preve “Il partito del cemento” che, come ormai noto anche ai liguri più distratti, conduce un’inchiesta giornalistica sulle “presunte” speculazioni edilizie nella nostra regione.
Ma, ahimè, la mia curiosità non è stata soddisfatta per un motivo molto banale: c’era così tanta gente che era praticamente impossibile entrare in una sala gremitissima e stracolma di uomini e donne, di ogni estrazione politica, sociale e di età. Anche avvicinarsi alle porte era un’impresa titanica per la calca di persone ammassate che tentavano di rubare qualche parola dei relatori.
Altrettante sono state le persone che, come me, vista l’impossibilità di assistere, è andata via.
Non riferirò, quindi, in questo post, del merito dell’inchiesta; mi riservo di farlo, eventualmente, dopo la lettura del libro, ma voglio comunque fare alcune riflessioni, proprio partendo dall’afflusso di persone.
Quello che mi ha colpito, e non è la prima volta, è la voglia della gente di partecipare.
Troppo spesso si sente dire, soprattutto da parte di esponenti politici di sinistra (ahimè), che la gente non ha più voglia di contare, che la televisione la fa ormai da padrone, che siamo in una fase di pieno riflusso, mentre, al contrario, le piazze si riempiono, e sono per questo demonizzate e bollate di antipoliticità, i convegni sono partecipati in maniera straordinaria, la gente, per strada, parla e si confronta sui temi politici.
Un dato accomuna questa partecipazione: è una partecipazione al di fuori dei tradizionali partiti.
Attenzione, al di fuori, non contro.
Nelle sale e nelle piazze, infatti, si incontrano militanti dei vari partiti e movimenti, che si riuniscono per discutere, per ascoltare, per informarsi, fuori dalle liturgie degli organismi.
Non sono un sociologo e non sono in grado di dire perché la partecipazione ha queste caratteristiche. Posso solo azzardare un’ipotesi, partendo dalla mia personale esperienza e dalle mia personali delusioni.
Le persone non hanno più voglia dei riti della politica, vogliono una partecipazione libera;
non vogliono essere convinte, vogliono capire;
non vogliono delegare alla nomenclatura, vogliono contare e decidere.
Sono stanche delle discussioni di cui si conosce già la conclusione, decisa nelle segrete stanze del potere (piccolo o grande che sia)
Non è antipolitica, è voglia di una politica diversa, che parta dalle domande e non pretenda di dare sempre e comunque le “proprie” risposte.
Una politica che ascolti i bisogni veri delle persone.
Una politica fatta per e con i cittadini e non per e con i dirigenti di partito.
Una politica pulita, sana, che si ponga, come dovrebbe essere, al servizio della collettività e non pretenda, al contrario, che la collettività sia al proprio servizio.
Una politica che venga considerata un mezzo per risolvere i problemi ed i conflitti di una società complessa come la nostra e non un fine per affermare il potere dei partiti.
Potere Operaio n.1 (1969)
1 giorno fa
2 commenti:
Mi capita in questi giorni di pensare sempre più spesso ad un parallelo storico tra i nostri tempi e il primo decennio del'900, del'800, del'700, andando a ritroso nel tempo fino a che regge la memoria scolastica .Il primo decennio di ogni secolo ha sempre portato con se la chiusura di un periodo storico e l'embrione di un nuovo inizio.NON ho la supponenza di fornire risposte od analisi complesse, ma intuisco che la voglia di sapere,di esercitare una volontà critica ma partecipativa non si è esaurita del tutto.I simboli e i "riti" in cui queste sensibilità possano riconoscersi oggi non ci sono.C'è bisogno di Politica e troviamo solo politica.Forse la partecipazione è dovuta a questa voglia di un luogo,anche se effimero, per trovarsi e condividere, testimoniare la propria diversità sentendosi meno soli e isolati. Forse.
La voglia di Politica c'è. Ma quella con la P maiuscola,non la politica degli inciuci e del tiriamo a campare. La gente ha voglia di onestà e pulizia, di una classe politica più seria e credibile. Almeno, nei luoghi che frequento e dalla gente con cui mi confronto questo emerge chiaro.
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