mercoledì 31 marzo 2010

La resistenza? Roba da circuiti elettrici


La Gelmini non smette mai di stupire. E' davvero un vulcano di idee, di trovate, di innovazioni. Peccato che non ne azzecchi una! Dopo il grembiulino, il maestro unico, il creazionismo al posto dell'evoluzionismo darwiniano, la geografia, i crediti formativi a chi si avvale dell'insegnamento confessionale della scuola cattolica, ecco i fuochi d'artificio destinati ai ragazzi dell' ultimo anno dei licei.

Come un prestigiatore, basta un piccolo gesto e voilà, al posto della realtà ecco comparire la finzione: credevate che l'Italia fosse uscita dalla guerra e dal fascismo grazie alla resistenza? Sapete quella cosa di sessant'anni fa che ha impegnato uomini e donne, vecchi e giovani in una guerra di liberazione che ha posto le basi per la nascita della Repubblica e della Costituzione? Quella che si celebra il 25 aprile, con deposizione di corone di fiori, fiaccolate, comizi? I tecnici del Ministero della pubblica (d)istruzione ritengono che non valga la pena di inserirla tra gli argomenti da insegnare, insieme all' “inizio della società di massa...il nazismo, la shoah e gli altri genocidi del XX secolo, la seconda guerra mondiale, la guerra fredda (il confronto ideologico tra democrazia e comunismo), l'aspirazione alla costruzione di un sistema mondiale pacifico (l'Onu), la formazione e le tappe dell'Italia repubblicana”.

Ovviamente i tecnici si affrettano a dire che non c'è nessuna volontà negazionista, ma si lascia ai presidi la decisione di come inserirla nell'insegnamento.

Ovviamente: la scusa è peggiore del male. La resistenza è per questi signori di così poco valore nella nostra storia che si lascia alle singole scuole come e se insegnarla. Del resto con tutti i soldi che l'ineffabile Gelmini mette a disposizione delle scuole che ci vuole ad organizzare un corso ad hoc, magari a fianco ad uno sull'uncinetto al tombolo!

Per fermare questo revisionismo si può dire la propria, entro il 22 Aprile, sul forum dell'Indire.

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Non sarò originale, ma la penso così!


Non basta vivere in una regione che ha riconfermato la giunta di centrosinistra per essere contenti.

L'avanzata della Lega, spinta dai sentimenti più beceri e retrivi, copre di una cappa asfissiante tutto il nord ed i rischi di una ulteriore stretta in senso nazional-populista sono sotto gli occhi di tutti. Da domani saremo nuovamente gratificati dalle esternazioni di Borghezio o Gentilini sugli immigrati e sulle radici cristiane (sic!) del nostro Paese. Le ricadute sul governo ci saranno e Bossi alzerà la voce anche perchè risulta evidente che la Lega è la vera stampella di questo Governo che, altrimenti, uscirebbe fortemente ridimensionato da queste elezioni.

Certo, forse ci eravamo un po' illusi che le urne avrebbero dato un responso diverso, ma è evidente che, agli italiani, vanno bene le sceneggiate berlusconiane che, lungi dal rappresentare il partito dell'amore, fonda sull' odio il proprio potere: odio verso tutti coloro che non lo riconoscono come “superiore” e quindi intoccabile.

Il voto di ieri ha però messo in evidenza come, nel centro sinistra, sia necessario ripensare una strategia, soprattutto da parte del PD. Maggiore incisività nell'opposizione; più decisa caratterizzazione come partito, abbandonando le elucubrazioni dalemiane sulla crisi delle ideologie e l'anacronisticità (si dice così?) dei concetti di destra e sinistra; maggiore attenzione al rinnovamento dei dirigenti, troppo spesso oggi creati con una sorta di “ clonazione” da parte dei vecchi leader (nuovi si, ma uguali in tutto e per tutto a quelli che hanno portato la sinistra in questo sfacelo); maggiore apertura verso gli umori della gente di sinistra. Sono questi, mi pare, gli argomenti che il partito di riferimento del centrosinistra dovrà affrontare e prima e con più decisione lo farà, meglio sarà per tutti noi.

A partire dalla scelta del leader per le prossime politiche. Che dovrà essere ricercato anche al di fuori degli schemi cui il PD è abituato: un giovane? Una donna? Un esterno al partito? O banalmente Bersani?

Che è poi lo stesso problema che si trova oggi ad affrontare il centrodestra. Chi è pronto a scommettere che, nel 2013, il leader sarà ancora il settantasettenne Berlusconi?

A meno di una ennesima forzatura istituzionale del cavaliere, come una sfiducia pilotata in Parlamento che apra le porte ad elezioni anticipate. Ma grazie al cattivo risultato del PDL, che ha perso circa il 10% rispetto alle precedenti politiche, almeno questo rischio sembra scongiurato. Ma la Lega si accontenterà del sindaco di Milano, come Bossi ha già rivendicato, o cercherà di uscire dal fortino del Nord, candidandosi a leader dello schieramento, magari con Maroni? E gli uomini di Fini? Si accontenteranno di una Polverini soltanto o saranno in grado di alzare la voce? Nell'attesa di sciogliere questi interrogativi aspettiamoci un veemente assalto del premier alle regole democratiche, per riaffermare il potere suo e dei suoi cortigiani e per impedire che la Magistratura tolga definitivamente il velo alla rete di corruttele e malaffare che avvolge la sua vita in una ragnatela inestricabile.




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venerdì 26 marzo 2010

Carfagna e la rivoluzione


Chi ha avuto modo di assistere alla trasmissione di Santoro, ieri sera, sarà probabilmente rimasto colpito dalla affermazione di Mario Monicelli sulla necessità, per cambiare le sorti di questo paese, di una “ rivoluzione”.

Mi sono chiesto che cosa volesse dire il grande maestro del cinema con questa affermazione. Probabilmente non intendeva una rivoluzione armata. Mi sembrerebbe eccessivo e, probabilmente, neppure utile.

Ciò che forse ritiene necessario è una “ rivoluzione culturale e delle coscienze” che restituisca alle persone la capacità critica rispetto a ciò che accade e che oggi mi sembra ottenebrata da una serie di questioni, dalla dipendenza dalla televisione, allo scarso spessore per personale politico; dall'egoismo della ricerca del proprio immediato tornaconto, al dispregio delle regole e della cosa pubblica.

In questo senso mi sento di condividere l'affermazione.

La cosiddetta seconda repubblica ha visto il perpetuarsi di modelli vecchi e personaggi riciclati. Si è risolta in una semplice operazione di lifting con la creazione di nuove aggregazioni, perlopiù elettorali e senza contenuti e riferimenti ideologici (nel senso più nobile del termine). E come tutte le “cover” ne è risultato un modello che fa rimpiangere l'originale.

Una rivoluzione fallita, insomma, o forse mai davvero cominciata.

E' il momento di voltare pagina, superando le lusinghe sempre forti di rinchiudersi nel privato spinti dalla delusione.

Le elezioni di venerdì possono essere un banco di prova. Lungi dall'astenersi credo sia indispensabile approfittare del fatto che, almeno a questo livello, sia ancora possibile esprimere una preferenza.

Io lo farò e voterò una donna.

Non per una malintesa volontà di riequilibrio di genere, ma poichè ritengo che le donne possano davvero rappresentare una novità nella politica di questo paese.

Poco coinvolte, a causa di discriminazioni, palesi o nascoste, che finora ne hanno impedito il corretto e compiuto impegno politico, rappresentano, proprio per questo, un elemento nuovo su cui investire, per dare davvero una svolta al modo di approcciarsi alla politica.

Non parlo di donne “scelte” dal capo come la Carfagna o la Gelmini, sempre pronte a compiacere il padre-padrone. Parlo delle donne “vere”, portatrici di idee, modi di relazionarsi, indipendenza di pensiero, autonomia nuovi.

E' necessario cambiare davvero tutto, non in senso gattopardesco, perchè nulla cambi, ma per una nuova e diversa stagione della politica, per nuove regole (avendo ormai distrutto quelle vecchie), per nuove parole d'ordine, per nuove facce.

Non so se votare una donna può essere risolutivo, ma potrebbe rappresentare un primo passo.

Forse la vera rivoluzione può cominciare proprio domenica.



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martedì 23 marzo 2010

Dalla moto al cancro


Lo confesso, nei confronti di questo governo sono un po' prevenuto e, come per il bicchiere, sono più incline a vederlo mezzo vuoto, piuttosto che mezzo pieno.

Questo è valido anche per gli ultimi provvedimenti in materia economica. La politica degli incentivi, a mio modo di vedere, non serve a superare una crisi pervasa come quella dalla quale, noi più di altri paesi, stentiamo ad uscire. Non è utile perchè non è strutturale, ma rappresenta solo interventi tampone, destinati a cessare e quindi a non creare posti di lavoro stabili. Qual'è l'industria che aumenta il proprio personale sapendo che gli eventuali maggiori ordinativi sono destinati a cessare nell'arco di sei mesi o un anno?

Che cosa hanno prodotto gli incentivi all'acquisto dell'auto (panacea di tutti i mali a sentire i Tremonti e gli Scajola di un anno fa)? La chiusura prospettata di una fabbrica, con le evidenti ricadute occupazionali in un'area con poche possibilità di ripresa come quella di Termini Imerese, cassa integrazione in tutto il gruppo, cali occupazionali, crisi del settore. Il tutto tra i guaiti e le inutili proteste del ministro dell'industria che finge di ignorare che la crisi di oggi è figlia dell'errore di ieri.

Ciò che è grave che non si è imparato dal proprio errore. Si continua a decidere su quali settori puntare: ieri le auto, oggi le cucine e le moto elettriche.

Il problema è che la crisi riguarda essenzialmente le famiglie a reddito più basso che certamente, avendo le difficoltà collegate alla classica quarta settimana, non sono in grado, comunque, di investire migliaia di euro in beni durevoli.

Il provvedimento dovrebbe essere diverso, come già ho scritto in un post precedente: interventi strutturali sul costo del lavoro, attraverso la leva fiscale, alleggerendo così i bilanci delle imprese (solo quelle che operano sul nostro territorio, si badi bene, non la kawasaky o la yamaha) e garantendo un netto superiore ai lavoratori ed alle lavoratrici, consentendo loro di incrementare i consumi.

Ma forse questi provvedimenti hanno scarso impatto emotivo e sono poco utili in vista delle elezioni regionali. E' senz'altro meglio promettere la sconfitta del cancro come è stato fatto dal palco di Piazza San Giovanni, illudendosi di essere dinanzi ad una folla osannante e negando la verità di un declino che sembra inesorabile e quasi patetico, rallentato solo dalla malafede di cortigiani ben retribuiti e dalla miopia della gente che, illusa o manipolata, continua a credere al miracolo italiano che, ormai, esiste solo nelle vignette degli umoristi.
La vignetta è tratta da www.gianfalco.it


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lunedì 22 marzo 2010

Abbiamo il dovere di ascoltare


Senza neppure aspettare lo scrutinio, il primo ministro francese Fillon ha commentato la vittoria della sinistra e la sconfitta del suo partito dicendo “ La Francia ci ha parlato, noi abbiamo il dovere di ascoltarla”.

Mi è subito venuto in mente che cosa potrebbe dichiarare il nostro primo ministro se lunedì prossimo il responso delle urne fosse simile a quello francese.

Nell'ordine:

è un complotto e ci sono stati brogli nel voto (dimenticando che è al Governo e, se c'è un responsabile di brogli, questo non potrebbe che essere lui stesso);

gli elettori di sinistra sono tutti dei coglioni;
è colpa dei magistrati che hanno scippato gli elettori dalla possibilità di votare per l'amore e la libertà (dimenticando che al suo partito non stato scippato di nulla, ma, semplicemente, non ha presentato in tempo le liste. É come se noi andassimo ai seggi un'ora dopo la chiusura, pretendendo di votare lo stesso);


Da una parte la serena accettazione del responso elettorale e l'inizio di un esame di coscienza per capire dove si è sbagliato, dall'altra una rappresentazione caricaturale di una democrazia malata e zoppa.

Da una parte la politica che richiama se stessa al rispetto della volontà degli elettori, dall'altra il delirio di onnipotenza di chi ritiene che esista una sola verità, la propria.

Da una parte il rispetto delle regole, dall'altra le regole violate e piegate ai propri interessi.

Perchè questa nostra becera e antidemocratica destra da repubblica delle banane non impara non da un regime liberticida, comunista, basato sull'odio, dominato dalla magistratura politicizzata e rossa, ma da una destra che siede sugli stessi scranni europei, che condivide le stesse parole d'ordine e gli stessi programmi?




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giovedì 18 marzo 2010

Orchi con la tonaca


Non ho mai dato alla fede un significato politico e sono critico con chi lo fa. Cristiani, musulmani, ebrei non sono categorie, a mio modo di vedere, “significative” politicamente, ma dovrebbero attenere esclusivamente al proprio personale. Si può credere in un Dio, o si può essere agnostici o atei senza che questo abbia ripercussioni sul proprio modo di stare nella società, di votare, di rispettare diritti e libertà altrui. Per questo non ho finora dato importanza al mio essere “ battezzato” e quindi essere annoverato tra i cattolici, nonostante entri in una Chiesa solo in occasione di matrimoni e funerali, o per ammirare le opere d'arte che contengono. Ma adesso ho deciso di aderire alla campagna dell' UAAR per lo sbattezzo, per far cancellare il mio nome dagli elenchi dei cattolici (non si può “ripudiare” l'appartenenza alla chiesa cattolica, una volta battezzati lo si è per sempre). Ho deciso di farlo come presa di distanza da una gerarchia sempre pronta a condannare chi divorzia, o abortisce, ma altrettanto pronta a coprire ignobili crimini che, al suo interno, si compiono ogni giorno.

Senza scomodare gli scandali tedeschi, solo a Savona, in questi giorni, sono ben due i preti coinvolti in indagini per pedofilia. Non intendo, evidentemente, condannare questi preti prima che le indagini siano completate e le responsabilità accertate, ma colpisce l' atteggiamento della gerarchia che oscilla tra il sostegno a prescindere, con la creazione di gruppi di fans sui social network ad un' ipocrita “allontanamento” provvisorio dalle funzioni sacerdotali, nascondendolo dietro la cortina della “richiesta personale”.

Pur riconoscendo l'impegno di moltissimi preti a sostegno dei deboli, degli emarginati, dei poveri, non posso non vedere che costoro sono spesso abbandonati o ignorati dalle gerarchie, mentre ignobili criminali trovano nel perdono e nella preghiera della propria chiesa il conforto e la sottovalutazione dei loro reati.

Non so se Dio esista, ma se c'è, spero proprio che costoro trovino in quell' inferno tanto reclamizzato nelle loro omelie, la punizione e la condanna per l'inferno cui hanno condannato, sulla terra, ragazzini e ragazzine che a loro si sono affidati spinti dalla fiducia che un uomo di chiesa suscita. Ma soprattutto spero che la giustizia sia in grado di compiere il suo corso, in tutto il mondo, condannando i colpevoli e battendo le gerarchie ecclesiali che, per il buon nome della chiesa, continuano a coprire gli orchi con la tonaca.


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lunedì 15 marzo 2010

Sarko no Sarko si


1er tour : intervention de Martine Aubry
Caricato da PartiSocialiste. - Video notizie in tempo reale


Chissà se i dirigenti del Partito Democratico avranno tratto qualche insegnamento dal risultato del primo turno delle elezioni regionali francesi che fanno presagire un'importante vittoria del Partito Socialista e della sinistra nel suo complesso.

Mentre i vari D'Alema si affannano a dire che bisogna saper parlare ai delusi del centro-destra seguendo lo stucchevole cliché secondo cui le ideologie sono morte, oltralpe i socialisti, insieme alle formazioni di sinistra, sventolando le loro bandiere e le loro parole d'ordine, si apprestano ad infliggere a Sarkozy una lezione tanto dura da far presagire, a breve, un profondo rimpasto nella compagine governativa e una virata decisa nella politica francese.

Quello che, alla nascita del Partito Democratico, era indicato da molti come un possibile leader del futuro partito democratico europeo, Francois Bayrou, è precipitato al di sotto della soglia critica del 5%, scomparendo, nei fatti, dalla scena politica francese e non solo, affondando il sogno di un “ grande centro” di rutelliana memoria.

Non si comprende perchè, di fronte alla evidente crisi di proposte e di governo di Berlusconi, il PD non trovi la capacità di rilanciare con l'orgoglio di essere brutalmente alternativi, come metodi, come parole d'ordine, come programmi, come etica. Non si capisce perchè si presenti agli elettori quasi con il cappello in mano, sostenendo che, in fondo, le cose che vogliono fare sono le stesse di Berlusconi, ma il centro sinistra le farebbe meglio.

Ma questa è vocazione alla sconfitta. Per vincere e battere Berlusconi occorre proporre cose diverse, rilanciare l'unità della sinistra, dichiararsi ” alternativi” e non “ sostitutivi” alla destra.

I francesi ci insegnano che per vincere contro la destra occorre essere sinistra. Sembra una stupidaggine, ma finchè il PD non lo capirà, saremo costretti a tenerci Berlusconi, i suoi conflitti d'interesse, i suoi attacchi a magistrati ed informazione, le sue bugie.



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lunedì 8 marzo 2010

L'8 marzo e il riposo del guerriero


Una diffusa credenza fa risalire la festa dell' 8marzo ad un incendio in una fabbrica di New York nel quale sarebbero morte oltre 100 operaie, in sciopero e rinchiuse nella fabbrica.

In effetti questa ricorrenza è nata dalla volontà dell' Internazionale Socialista, o meglio delle delegate dell'Internazionale, di istituire una giornata di lotta e sensibilizzazione contro le discriminazioni che, nel lavoro, nella società, nella politica, colpivano le donne.

Qualunque sia la genesi di questa ricorrenza è comunque indubbio che si tratti di una giornata di impegno politico, non limitato alle donne, ma esteso a chiunque creda che non vi possano essere discriminazioni o vincoli di alcuna natura, legati al sesso, qualunque esso sia.

Molto poco è rimasto di tutto ciò: probabilmente gli uomini, ancora una volta, hanno saputo allontanare l'attenzione dal vero scopo della giornata. Inventando un contenuto di” festa” e di “ trasgressione” cercano così di distogliere l'attenzione dalle discriminazioni che ancora colpiscono le donne.

Hanno tristemente ragione le donne quando affermano che la vera parità potrà essere raggiunta solo quando anche donne mediocri occuperanno posti di vertice.

Amministratrici d'azienda, politiche, dottoresse sono accolte sono se rappresentano l' eccellenza, mentre lo stesso, notoriamente, non è richiesto agli uomini.

Una nuova degenerazione si affaccia oggi nella nostra società: le donne vanno bene solo se sono “ gnocche”: ministre, candidate alle elezioni, perfino immigrate più o meno clandestine, sono esempi di questo nuovo maschilismo.

Un maschilismo che riscopre il padre-padrone, quello che decide, in base ai suoi gusti, alla sua esclusiva volontà, quali sono le donne che vanno bene e quali quelle da non considerare.

Ed è davvero sorprendente che molte donne siano affascinate da chi, ogni giorno, le offende, calpesta la loro dignità, cerca di riproporre l'aforisma di Nietzsche secondo cui “ L'uomo deve essere addestrato alla guerra, la donna al riposo del guerriero. Il resto è stupidità”.

Ma Nietzsche nacque nel 1844. Facciamo tutti in modo che oltre 160 anni non siano passati invano. E non solo l'8 marzo.




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domenica 7 marzo 2010

Ecco l'agenda segreta del Governo


Sono entrato in possesso dell' agenda segreta del governo per cui sono in grado di anticipare i prossimi provvedimenti che verranno emanati:


1 – Se nel corso dello scrutinio delle schede per le regionali, in un qualsiasi momento, il PDL dovesse raggiungere il 51% dei consensi, lo scrutinio si intende completato e le schede rimanenti mandate al macero.

2 – Nel caso in cui l'evento di cui al precedente punto 1 non dovesse mai realizzarsi, la votazione, in quella sezione, si intende annullata.

3 – Nella lontana ipotesi in cui, nel corso di una intercettazione telefonica, dovesse emergere un qualsiasi riferimento a Silvio, il nome del presidente del consiglio viene modificato in PierLuigi.

4 – Nel caso si faccia riferimento, successivamente, a PierLuigi, si intende Bersani.

5 – Nel caso in cui, all'80.mo minuto il Milan fosse in vantaggio per uno a zero e gli avversari dovessero pareggiare, la durata delle partite di calcio si intende di 79 minuti.

6 - Nel caso in cui il Viagra non dovesse avere effetto, la escort con cui si accompagna la persona in questione è comunista.

Finalmente la libertà!


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sabato 6 marzo 2010

VERGOGNA!


venerdì 5 marzo 2010

E pensare che...


Mi astengo dal fare riflessioni sul pasticcio del Lazio e della Lombardia e sul tentativo di aggirare, ancora una volta, regole democratiche valide per tutti.

Una cosa, però, la voglio dire:

E pensare che questa è la gente che ci governa!


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martedì 2 marzo 2010

Da Orwell a Santoro, passando per Berlusconi


Non amo le cosiddette trasmissioni televisive di approfondimento politico. Non mi piacciono le risse da bar dello sport, né la politica dei genuflessi al potere, per cui non sentirò la mancanza dei vari porta a porta, ballarò, anno zero, bloccati dal solerte consiglio di amministrazione della Rai, in ossequio al regolamento emanato dalla commissione di vigilanza.

Ma questo non mi impedisce di fare alcune riflessioni sullo stato della democrazia nel nostro Paese, grazie a questo governo ed al partito di maggioranza che si autodefinisce “delle libertà”.

Si tratta, ancora una volta, di una riedizione del famigerato editto bulgaro, che costò l'ostracismo a Santoro, Biagi e Luttazzi.

Non c'entra niente la par condicio, ciò che conta è la volontà di mettere il bavaglio a possibili voci dissonanti e, soprattutto, la voglia di giocare sporco anche questa partita.

Non è un caso, infatti, e non potrebbe essere diversamente, che il regolamento possa essere applicato solo al servizio pubblico. Sky e Mediaset ne sono esenti, ma è evidente l'enorme sproporzione di accessi tra la tv del cavaliere e quella satellitare.

Ancora una volta il conflitto di interessi irrisolto ci sbatte in faccia questa mostruosa anomalia italiana. Il presidente del Consiglio proprietario della maggiore emittente privata e controllore di quella pubblica.

Non vi è significativa alternanza, rispetto al potere. Non esistono, in pratica, voci anche solo possibilmente critiche rispetto al potere dominante, si va verso elezioni truccate, condotte con una campagna elettorale impari e scorretta.

Bene fanno i sindacati dei giornalisti a denunciare questo gravissimo ed ennesimo attacco alla libertà di stampa, parallelo a quello alla magistratura che non vuole piegarsi ai potenti.

Già Orwell, nel suo 1984, aveva disegnato un paese dominato da una sola voce che dipingeva la realtà in base alla necessità dei potenti e non era un bel disegno.

Esiste solo una parola per descrivere la situazione in cui si trova il nostro paese, e non è delle più facili da scrivere: dittatura.


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